Sei giovani portoghesi portano in tribunale 32 Paesi dell’Europa: qual è l’oggetto della contesa, e cosa chiedono i promotori della causa.
Il 27 settembre prossimo è la data in cui il tribunale della Corte Europea per i diritti dell’uomo ha fissato un’udienza destinata a rimanere nella storia. Quest’ultima è stata fortemente voluta da un gruppo di sei attivisti portoghesi, di età compresa tra gli 11 e i 24 anni, a loro volta sostenuti da un’associazione di avvocati schieratasi a favore della causa.
Che cosa chiedono le persone che hanno scelto di rivolgersi al tribunale di Strasburgo? Ma soprattutto, chi hanno intenzione di citare in giudizio i sei attivisti? Ancora una volta – come recentemente accaduto per i fatti che hanno riguardato le piccole isole di Tuvalu e Antigua e Barbuda -, ad essere interpellati saranno i Paesi ad alte emissioni.
Così come i primi ministri dei suddetti Stati si sono rivolti al tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo (al fine di ottenere un immediato intervento per quel che concerne l’inquinamento dei mari e l’innalzamento del loro livello), così i sei attivisti portoghesi hanno pensato di appellarsi al diritto internazionale per formulare una richiesta ben precisa: che le 32 Nazioni europee citate facciano finalmente la loro parte in materia di crisi climatica.
Crisi climatica: 6 attivisti portoghesi chiamano in causa 32 Nazioni europee
Sono tutti giovanissimi, con un’età compresa tra gli 11 e i 24 anni, e sono sostenuti da un’associazione di avvocati nota come Global legal action network (Glan): queste le caratteristiche dei sei attivisti portoghesi che, il prossimo 27 settembre, entreranno in un’aula del tribunale della Corte Europea per i diritti dell’uomo (Strasburgo). Citeranno in giudizio 32 Nazioni facenti parte dell’Europa, chiedendo loro una significativa svolta in materia di crisi climatica.
Quest’ultimo, stando al parere degli attivisti, è tra gli argomenti più urgenti che i governi dei suddetti Paesi starebbero tralasciando ormai da tempo di affrontare. Le misure precauzionali e d’intervento finora prese per arginare la crisi climatica, a detta dei sei giovani, sarebbero insufficienti a garantire una reale soluzione alla catastrofe che si sta approssimando (solamente qualche giorno fa, a tal proposito, avevamo approfondito la questione della crisi idrica, che starebbe stringendo in una morsa fatale ben 25 Paesi del globo).
La scelta di chiamare in causa i 32 Stati europei che, secondo gli attivisti, non si starebbero impegnando abbastanza di fronte al cambiamento climatico, è stata commentata anche dal legale Gearóid Ó Cuinn, portavoce di Glan: “Mai, prima d’ora, così tanti paesi insieme hanno dovuto difendersi davanti a un tribunale“.
I sei portoghesi hanno confessato di aver scelto di far appello al tribunale di Strasburgo in seguito ai fatti avvenuti nella regione di Leiria (2017). All’epoca, le fiamme divampate nella provincia portoghese di Beira uccisero 66 persone, oltre a distruggere oltre 20.000 ettari di bosco.
Un nuovo caso di giustizia climatica, dunque, in cui si chiederà alle 32 Nazioni chiamate in causa di rispondere non di precedenti interventi o decisioni già prese, ma di possibili azioni future volte a combattere attivamente il problema della crisi climatica. L’accento, pertanto, sarà posto sui provvedimenti che saranno da attuare in futuro, piuttosto che sulla corrente situazione.
Nella fattispecie, il pensiero che i sei giovani portoghesi esporranno dinanzi al tribunale di Strasburgo si riassume nelle parole di André dos Santos Oliveira. A soli 15 anni, è proprio quest’ultimo ad essersi fatto portavoce del gruppo per quanto concerne l’azione in tribunale: “I governi europei stanno fallendo e non ci stanno proteggendo. L’Europa sta vivendo tremendi impatti climatici”.
La replica delle 32 Nazioni europee chiamate in causa
A distanza di circa una settimana dall’udienza fissata presso il tribunale della Corte Europea per i diritti dell’uomo, è arrivata anche la replica delle 32 Nazioni – di cui 27 facenti parte dell’Unione – chiamate a presentarsi di fronte al giudice.
Mentre i sei attivisti starebbero provvedendo a mettere insieme tutta la documentazione necessaria – documenti, cioè, che confermerebbero il mancato impegno da parte dei suddetti Paesi in materia di crisi climatica -, quest’ultimi avrebbero respinto ogni accusa, negando che il cambiamento climatico possa effettivamente rappresentare una minaccia per l’umanità.
Eppure, a fronte degli incendi che durante questa estate 2023 hanno dilaniato l’Europa – gli ultimi episodi solo in Grecia -, la versione sostenuta dai 32 Stati europei non mancherebbe di far acqua da tutte le parti. Si può davvero continuare ad ignorare la crisi climatica, o è necessario programmare al più presto interventi ed azioni per tentare di contenerne il potenziale distruttivo?