Ieri 26 marzo, alla presenza di innumerevoli autorità dello Stato tra cui il presidente del Consiglio Berlusconi, è stato dato ufficialmente il via libera al termovalorizzatore di Acerra che negli intenti del Governo dovrebbe contribuire a risolvere l’annosa questione dei rifiuti di Napoli e dell’intera Campania. Ma è davvero così?
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il complesso di Acerra andrà a smaltire 600.000 tonnellate all’anno di rifiuti urbani, con una media di 2 tonnellate al giorno, e produrrà energia per circa 200.000 cittadini attraverso il recupero del calore generato dalla combustione dei rifiuti. Ma c’è un “ma”… Il video che vi proponiamo sintetizza in maniera molto chiara quali siano le motivazione dei comitati del NO e di chi da mesi si è battuto contro l’apertura di questo complesso definito da più parti ecomostro. In un territorio nel quale non è mai iniziata la raccolta differenziata porta a porta, che pure potrebbe contribuire al recupero di materiali riciclabili e quindi da non destinarsi alle discariche o agli inceneritori, ha davvero senso bruciare tonnellate di rifiuti che libereranno nell’atmosfera diossina, altamente cancerogena, e polveri sottili dannose per la salute dei cittadini e dell’ambiente?
Il particolato – definito PM10 o PM2,5 a seconda delle dimensioni delle particelle – che viene prodotto durante i processi di combustione ad altissima temperatura, non è biodegradabile, viene disperso per chilometri e resta in sospensione nell’aria che respiriamo innescando diverse patologie “da nanoparticelle”. Spesso si tratta di allergie e malattie infiammatorie, che comunque inficiano la qualità della vita, ma ancora più spesso la loro presenza è stata messa in correlazione con lo sviluppo di tumori e le malformazioni fetali. Ma è davvero necessario minacciare la salute per risolvere un problema che è sì storico ma che deriva anche da cattive abitudini e stili di vita non compatibili con i naturali processi di degradazione delle scorie? Cosa fare per risolvere il problema dei rifiuti? È paradossalmente molto semplice ed inizia dal giusto comportamento di ognuno di noi. Bisogna produrne di meno a cominciare dagli imballaggi, occorre riciclare e recuperare quelli che sono riciclabili, effettuare il compostaggio dei rifiuti organici e – questa è la parte che compete allo stato e alle imprese – investire in tecnologie di smaltimento a basso impatto ambientale.
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