L’acqua in brick sembra essere una delle soluzioni pensate per ridurre l’uso di plastica: ma questa scelta può dirsi davvero sostenibile?
Che cos’è l’acqua in brick e perché, ultimamente, se ne sente parlare spesso? Come è chiaro dalla sua stessa definizione, l’acqua in brick non è altro che acqua contenuta nei classici brick alimentari: per intenderci gli stessi dei succhi di frutta. Al posto che nella bottiglia di plastica, dunque, l’acqua viene conservata in questi contenitori, pensati per impattare di meno sull’ambiente rispetto alla più tradizionale PET, la plastica per uso alimentare.
Sebbene i brick contribuiscano a ridurre l’uso di plastica, però, definirli packaging sostenibili non è facile per diverse ragioni: innanzitutto bisogna considerare che si tratta di contenitori usa e getta che, per definizione, vanno a creare un’ingente quantità di rifiuti. In secondo luogo la loro composizione: i brick sono materiali compositi che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono fatti solo di cartone (che si scioglierebbe a contatto coi liquidi), ma di strati di vari materiali.
In seguito al lancio dell’iniziativa L’acqua del sindaco, promossa dal primo cittadino di Milano Giuseppe Sala, l’acqua in brick ha avuto ampia distribuzione ed è stata pubblicizzata come alternativa sostenibile all’uso di plastica. Eppure la realtà è ben diversa, poiché per parlare di scelta veramente sostenibile si dovrebbe puntare a ridurre la produzione di rifiuti e al riutilizzo delle risorse che abbiamo già a disposizione, come ci insegna la filosofia dell’economia circolare.
Da un punto di vista pratico, infatti, sebbene sia comprovato che il tetrapak è un materiale meno inquinante della plastica, il suo processo produttivo e il suo smaltimento necessitano di molte risorse. Ma come mai? Partiamo dalla struttura di questo materiale, composto da strati di polietilene, alluminio e carta. Ciò rende evidente la complessità di produzione, ma anche quella di smaltimento!
Per questa ragione l’azienda TetraPak Packaging Solutions sta vagliando opzioni per sostituire in futuro le componenti in alluminio e quelle in polimeri. In particolare Sara De Simoni, managing director dell’azienda, ha dichiarato che i materiali inquinanti saranno sostituiti con “una barriera a base di fibre che potrà ridurre ulteriormente le emissioni di anidride carbonica“.
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