Il continente africano presenta una importante fenditura lungo migliaia di chilometri che fa temere una futura frattura della placca sottostante: vediamo insieme di cosa si tratta esattamente e quali sono le previsioni degli scienziati
La formazione del mondo per come lo conosciamo oggi è la risultante del movimento delle cosiddette placche tettoniche che in miliardi di anni hanno forgiato l’attuale assetto dei continenti. Partendo da un grande supercontinente iniziale chiamato Pangea che si sarebbe nel tempo fratturato e diviso progressivamente nei continenti attuali. In pratica la crosta terrestre è costituita da enormi placche che fluttuano sull’interno fuso del Pianeta, muovendosi, scontrandosi o allontanandosi fra loro. Tali movimenti hanno determinato terremoti, eruzioni vulcaniche e la formazione delle catene montuose. Oggi la tettonica è ancora attiva.
Seconda la teoria che definisce il modello di dinamica della Terra esistono circa venti placche o zolle rigide, tra principali e secondarie, che compongono la crosta terrestre e il mantello superficiale, o meglio la litosfera. Le sette più grandi sono l’euroasiatica, l’africana, l’americana, la pacifica, l’antartica e quella di Nazca. Le placche tettoniche sono instabili e si muovono a diverse velocità, e a volte si spezzano creandone di nuove, in un continuo divenire lento ma inesorabile.
Questi movimenti delle zolle hanno portato, per esempio, a delle significative modifiche del rift dell’Africa orientale, generando da un lato la placca somala e dall’altro la placca nubiana. E’ in atto dunque una scissione tra le due placche che impiegherà milioni di anni per completarsi, ma che alla fine farà nascere un nuovo oceano che dividerà le due placche, creando di fatto una nuova isola a est (placca somala), segnando un’ennesima pagina della lunga storia geologica del nostro Pianeta.
L’Africa si sta lacerando in due, lungo una delle più grandi spaccature del mondo che si estende per migliaia di chilometri verso sud passando dall’Etiopia, Kenya, Congo, Uganda, Ruanda, Burundi, Zambia, Tanzania, Malawi e Mozambico. Parliamo di un ritmo di pochi millimetri all’anno e i ricercatori hanno individuato un’anomalia nel rift africano con deformazioni insolitamente parallele e non perpendicolari rispetto al movimento delle placche. La causa potrebbe essere un enorme pennacchio di rocce surriscaldate, chiamato Superplume, rilevato grazie ai satelliti, che risale verso nord, provocando l’alterazione parallela alla faglia.
L’anomalia registrata dunque ha una spiegazione secondo i modelli termomeccanici 3D ad alta risoluzione, messi a punto dagli scienziati coinvolti nello studio. L’allineamento delle rocce segue la direzione imposta dal flusso del mantello verso nord, assumendo quindi una posizione parallela rispetto al rift, contribuendo al processo in atto di separazione delle due placche interessate dalle deformazioni. La ricerca proseguirà per approfondire dati e informazioni sulle forze in campo e sul destino della fossa tettonica africana.
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