Da Bologna è partita una mobilitazione dell’agricoltura biologica per contrastare i cambiamenti climatici, nell’ambito del tavolo italiano “Agricoltura biologica per il Clima“. Questo movimento, è stato promosso da Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale), vuole porre il biologico come arma di difesa contro i mutamenti climatici. Come primo obiettivo si pone la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, principali artefici del surriscaldamento globale. Dall’agricoltura, appunto, bisogna tagliare queste emissioni dannose per il pianeta poichè solo lei provoca il 12% dei gas inquinanti.
Ma l’agricoltura è anche responsabile delle emissioni di metano, ben il 42% del totale, di cui 73% provengono dagli allevamenti e 26% dai fertilizzanti organici, mentre il restante 58% dalle emissioni europee di N2O (protossido di azoto).
Dunque, il monito che parte da Bologna è chiaro: sia tagliare le emissioni, sia valutare gli effetti che le stesse ripercuotono sulle coltivazioni e sull’allevamento. L’iniziativa coinvolge anche Federbio, Coop Italia e CNR, associazioni di settore, singole aziende, istituti di ricerca, imprese di distribuzione e istituzioni.
I promotori della mobilitazione fanno inoltre notare come le temperature massime nella regione Emilia-Romagna si siano impennate dall’inizio degli anni ’80 fino ai giorni d’oggi, con una crescita di circa 2°C in poco più di 40 anni. E per il futuro non ci sono rosee prospettive, anzi: nel trentennio 2030-2050 si prevedono aumenti di temperatura, precipitazioni più concentrate e un aumento sia d’intensità che di durata del caldo e della siccità. Dopodichè, dal 2070 al 2100, il balzo in avanti delle temperature potrebbe raggiungere i 5° rispetto le medie attuali. Il tutto è decisamente preoccupante.
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