Si parla sempre più del consumo critico di cibo, specialmente della carne. E da questo presupposto nascono gli allevamenti etici
Da qualche anno a questa parte anche in Italia sta entrando piano piano l’idea di ‘conoscere ciò che si mangia’. Ed allora sono aumentate le abitudini di leggere le etichette del cibo, per scovare ingredienti sgraditi, allergeni. O semplicemente per cercare di capire l’origine del prodotto di derivazione animale. Dunque dove l’animale è stato allevato, dove è stato macellato, e di quale tipo di allevamento ha fatto parte. Gli allevamenti sono segnalati nella maggior parte per le certificazioni biologiche, ed anche nel caso delle uova.
Ogni uovo infatti è marchiato con un numero, che corrisponde al tipo di allevamento a cui la gallina è stata sottoposta. Allevamento intensivo, in gabbia, a terra, biologico etc. Si dovrebbe implementare una classificazione simile anche per carne e pesce da supermercato, ed invece, a meno che non ci sia il marchio biologico o biodinamico, non è semplice recuperare le informazioni sulla carne che si va a mangiare.
L’Italia è uno dei Paesi europei con l’etichettatura più trasparente, il che significa facilmente leggibile dal consumatore. Purtroppo sulla questione degli allevamenti intensivi c’è ancora molto da fare. Ovviamente la soluzione migliore sarebbe eliminarli. Ma dato che la popolazione mondiale richiede un consumo di carne spropositato, allora almeno che si possa mettere il consumatore nelle condizioni di scegliere. Gli allevamenti ideali sarebbero non solo utili al benessere animale, ma anche alla salute dell’individuo. È noto che la paura, lo stress e lo stile di vita malsano incidono sulla qualità della carne, e potrebbero trasmettere anche all’uomo delle tossine.
Quindi gli allevamenti etici dovrebbero innanzitutto donare nuovamente spazi agli animali, di modo che possano correre e vivere in modo sano. Inoltre la riproduzione deve avvenire in maniera naturale e non strappando via il neonato alla madre appena nato per somministrargli gli ormoni della crescita e gli antibiotici – che poi finiscono nella carne e nelle feci utilizzate come concime – e macellarlo anzitempo. E poi è fondamentale il cibo che viene dato. Per i ruminanti non deve essere assolutamente di origine animale, ma vegetale, preferibilmente coltivato in maniera naturale nella stessa fattoria dove vivono gli animali. Così si può creare un circolo virtuoso che parte dalla natura e finisce nella natura.
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