Maiali alimentati con acqua ossigenata, succede in Italia e in particolare in alcuni allevamenti intensivi: quella carne finisce sulle nostre tavole.
Acqua ossigenata usata in maniera del tutto impropria, come additivo ai pastoni dati ai maiali in alcuni allevamenti intensivi: accade in Italia e in particolare in determinate zone dell’Emilia – Romagna. La denuncia arriva sugli schermi televisivi, qualche tempo fa, grazie a un’inchiesta di Report, trasmissione di Raitre sempre molto attenta a certi tipi di argomenti. La firma dell’inchiesta è di un nome noto anche al grande pubblico, ovvero Giulia Innocenzi, in passato collaboratrice di Michele Santoro in alcune sue trasmissioni.
Di maltrattamenti, crudeltà e questioni gravissime di natura igienico – sanitaria, negli allevamenti intensivi di maiali, le organizzazioni animaliste si occupano da anni, quella dell’utilizzo di acqua ossigenata negli stessi allevamenti sembra essere però una novità o comunque è un argomento non esplorato a pieno. In un video realizzato da un operaio di uno stabilimento del mantovano, trasmesso da Report, si vede un collega dell’uomo intento a riempire una bacinella di perossido di idrogeno, acqua ossigenata appunto, che va a finire come additivo del pentolone che contiene il siero di latte destinato ai maiali.
Ci siamo interrogati sulla necessità degli allevamenti intensivi per avere sempre cibo con cui rifornire le nostre tavole e soprattutto su quanto sia invece fondamentale un’etica negli allevamenti. Ne va della salute degli animali, oltre che conseguentemente della nostra, per cui quando vediamo immagini del genere la nostra rabbia di consumatori spesso inconsapevoli monta. Eppure, dovremmo preoccuparci quotidianamente di determinati argomenti e di certe dinamiche, che sono ormai purtroppo una costante: pensate ad esempio a quanto avviene negli allevamenti intensivi in periodi di caldo asfissiante come questo che stiamo vivendo.
Torniamo al servizio mandato in onda da Report: l’operaio che mescola il siero di latte con l’acqua ossigenata, non sapendo di essere ripreso, confessa candidamente di utilizzare un secchio al giorno e uno alla sera di perossido di idrogeno nell’alimentazione dei maiali. Sempre Giulia Innocenzi ha anche documentato la presenza di veleno per topi in zone dell’allevamento dove circolano i maiali oltre a condizioni igienico-sanitarie ben al di sotto degli standard accettabili. Non mancano, a completare il quadro, animali feriti o malati e addirittura carcasse di suini ormai in putrefazione.
Ma quali sono le conseguenze dell’utilizzo dell’acqua ossigenata nell’alimentazione dei maiali? Il problema principale e più immediato concerne proprio gli animali: infatti, ingerendo quotidianamente perossido di idrogeno, i maiali possono essere più inclini a sviluppare delle malattie di diverso tipo. Si parla in particolare di problemi al tratto gastroesofageo, tumori o infiammazioni. Problemi che – in maniera indiretta – finiscono sulle nostre tavole, sotto forma di affettati, in particolare di un marchio storico, quello del Prosciutto di Parma.
Come sappiamo, sebbene abbia tutta una serie di utilizzi molto utili, ingerire acqua ossigenata, anche in maniera indiretta, non fa bene nemmeno all’uomo. Aggiungiamoci anche che i maiali possono ingerire accidentalmente i topicidi che vengono lasciati nelle zone di allevamento in cui per una ragione o per l’altra questi animali possono passare: è evidente che tracce di quel veleno finiscano negli insaccati che poi noi consumiamo. Spesso poi, in questi contesti, gli animali malati sono possibili vittime di cannibalismo da parte di quelli più in salute, che così a loro volta finiscono per contaminarsi.
Nel corso dell’inchiesta, Giulia Innocenzi pone infine il focus sul rapporto tra il consorzio del Prosciutto di Parma Dop e l’ente certificatore CSQA, sottolineando come il secondo sia troppo accondiscendente e indulgente nei confronti di aziende facenti parte dello stesso consorzio. Una questione che a oggi, tra tira e molla, revoche e nuove concessioni, è ancora aperta. In ultimo, si scopre come tra gli ispettori dell’ente certificatore non vi sia neanche un’adeguata preparazione: una denuncia forte, che dovrebbe farci davvero riflettere su ciò che finisce sulle nostre tavole.
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