E’ incredibile: non è bastata l’alluvione in Veneto, la quale ha colpito in maniera gravissima persone ed economia. Ora ci si mette anche il raddoppio dei prezzi per lo smaltimento delle carcasse degli animali annegati. Una notizia che per la maggior parte dei lettori suonerà come un oltraggio al dramma, un ulteriore smacco nei confronti di una terra già flagellata da un terribile nubifragio collettivo e che ha visto naufragare i sogni e le speranze della popolazione (specialmente nelle zone di Padova e Vicenza). L’Associazione Veneta Avicoltori usa il pugno duro contro tutto questo. Vediamo insieme le dichiarazioni.
Renato Rossi, presidente dell’Associazione Veneta Avicoltori ha dichiarato che “A fine ciclo abbiamo sempre in cella frigorifera un certo numero di animali morti. Prima dell’esondazione si smaltivano a 10 centesimi, adesso ce ne vogliono 26 per chilo. Non riusciamo a capire perché ci sia stata questa lievitazione dei prezzi“. E chi vuole rimettere in pista la propria attività commerciale, deve mettere in preventivo il fatto che i soldi li dovrà scucire praticamente subito.
Una speculazione bella e buona che non lascia spazio a scenari ottimistici, in un Veneto in parte da ricostruire dopo il disastro. Considerando che per ogni chilo di carne da smaltire vengono chiesti 10 centesimi di euro, i conti sono facili da fare. “Nel Padovano sono andati perduti 150 mila tra tacchini e polli. Contando anche Vicenza e Verona si parla di circa 380 mila capi morti” evidenzia sempre Rossi. Rincara poi la dose con un esempio: “A Este un allevatore che ha avuto il capannone sommerso, ha perso 12 mila tacchini in un colpo solo“. Oltre il danno, la beffa.
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