Un aiuto per il problema di almeno parte della plastica potrebbe venire da un nuovo studio ed alcuni microbi che sono stati ritrovati tra Alpi e Artico in grado di decomporla a basse temperature
Tra le nuove tecnologie che cercano di risolvere in qualche modo il problema generato dalla grandissima quantità di plastica che ha invaso il pianeta e tutti gli ambienti naturali c’è da annoverare anche tutto il settore delle cosiddette bioplastiche. Si tratta di sostanze ottenute a partire da materiale vegetale opportunamente trattato e modificato per poter essere utilizzato come succedaneo dei derivati del petrolio.
Una soluzione che per esempio ha permesso di cambiare i sacchetti della spesa dei supermercati, quelli in cui si pesano frutta e verdura e anche i sacchetti che vanno inseriti nella pattumiera per la raccolta del materiale organico. Ma questi materiali, che perlopiù sono derivati dal mais, hanno ancora alcune questioni aperte a cui occorre trovare una soluzione. E il nuovo studio pubblicato su Frontiers of Microbiology con al centro dei microbi in grado di lavorare a basse temperature potrebbe aver trovato almeno in parte una soluzione.
I microbi che digeriscono la plastica anche al fresco
Quello che è particolarmente interessante riguardo lo studio pubblicato da un team di scienziati svizzeri che si è mosso tra le Alpi e l’Artico è che dimostra l’esistenza di creature che possono contribuire allo smaltimento delle bioplastiche anche senza temperature troppo elevate. Si tratta questa di una scoperta importante, perché di solito gli impianti industriali che si occupano di smaltire la plastica biodegradabile hanno necessità di mantenere i microbi ad una temperatura di circa 30 gradi.
E di conseguenza anche la bioplastica finisce con il trasformarsi in qualcosa che consuma energia e che inquina. Gli scienziati del Swiss Federal Institute WSL hanno raccolto i risultati di uno studio che va avanti da qualche anno e si tratta di certo di risultati incoraggianti. Perché questi microrganismi, in totale 34, hanno dimostrato di poter lavorare con la plastica biodegradabile a soli 15 gradi, ben al di sotto dei 30 gradi richiesti al momento negli impianti.
Il futuro della e nella plastica biodegradabile
Purtroppo, ed è qualcosa che viene indicato nello studio, nessuno dei funghi o dei batteri sottoposti al test è riuscito a disgregare il polietilene non biodegradabile mentre si sono avuti proprio risultati ottimi in particolare con la PLA, la plastica derivata dal mais a base di acido polilattico. La PLA è una sostanza nuova che viene prodotta con un impatto ambientale minore rispetto alla plastica tradizionale ma, nonostante questi punti di forza, può trasformarsi comunque in un rifiuto. Perché per poter essere disgregata la PLA ha bisogno del lavoro di alcuni enzimi e soprattutto di un lavoro svolto a temperature specifiche. È per questo motivo che anche nel caso tu scelga contenitori in PLA biodegradabili non devi assolutamente abbandonarli nell’ambiente, dato che è molto difficile che in natura si generino le condizioni necessarie a permettere la proliferazione dei batteri e dei funghi necessari per la disgregazione di questo materiale.