I biocarburanti, alternativa ecologica ai carburanti di origine fossile, sono stati presentati come cavallo di battaglia contro la lotta all’inquinamento ambientale. Eppure, da quanto si evince dal rapporto di ActionAid “Chi paga il prezzo dei biocarburanti“, hanno un impatto non irrilevante sulla sicurezza degli alimenti, determinando la crisi alimentare. In particolare, ad essere più colpite sono le popolazioni dell’emisfero australe. Il mercato che vede l’estensione dei biocarburanti su larga scala, evidenzia ActionAid, sta aggravando la fame nel mondo.
Ci ha pensato la Banca Mondiale a fare i conti ed è emerso come dalla produzione di biocarburanti derivino gli aumenti dei prezzi con una percentuale che si avvicina al 75%. Tra i responsabili principali di questo fenomeno ci sono USA, Canada ed Europa. Ma anche l’Italia non è da meno: noi produciamo circa il 3% dei biocarburanti sul totale, ma secondo le stime questo valore aumenterà col tempo.
A tale proposito: l’Italia, secondo quanto prefissato dagli obiettivi europei, avrebbe bisogno di 2,2 milioni di ettari di terreno agricolo per poter raggiungere gli standard. Eppure, il potenziale del nostro Paese è di circa 0,6 milioni di ettari agricoli. Va da sè che, per sopperire alla mancanza, si dovrà ricorrere all’importazione. E quindi mobilitare la logistica, camion, processi produttivi e quant’altro che possa comportare emissioni di CO2. Insomma: il gatto che si morde la coda.
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stampolampo.it
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