La macanza di anidride carbonica minaccia la presenza di acqua frizzante nei supermercati. Anche un’altra bevanda molto popolare è a rischio
Oltre al greggio ed all’energia elettrica, anche l’anidride carbonica scarseggia da tempo. Le motivazioni sono complesse. Il risultato è che dai canali d’informazione, da più parti, da un paio di mesi a questa parte è partita la minaccia che i cittadini potrebbero rimanere quanto prima privi di acua minerale. Certo, non privi di acqua, elemento essenziale alla sopravvivenza, ma dell’additivo che la fa “gassata”, l’anidride carbonica.
Giangiacomo Pierini, direttore di Coca-Cola Hbc Italia, ha dichiarato che “nello stabilimento di Nogara, in provincia di Verona, ci autoproduciamo l’anidride carbonica di cui abbiamo bisogno. È la nostra fabbrica più grande in Europa e questo ci consente di vivere questa ulteriore difficoltà per il nostro settore senza problemi. Negli altri stabilimenti del gruppo in Italia, invece, abbiamo bisogno di acquistare questa fondamentale materia prima”.
Ma l’anidride carbonica non viene aggiunta solo all’acqua. Anche le bibite gassate dolci come la Cola, chinotto, Fanta ed altre potrebbero mettere a rischio la produzione. E soprattutto una bevanda molto popolare e tradizionale in tutta Europa: la birra. In teoria la birra sviluppa da sè l’anidride carbonica attraverso la seconda fermentazione in bottiglia, dove gli zuccheri del lievito si trasformano in alcool e rilasciano l’anidride carbonica. Nelle birre artigianali senza dubbio il procedimento rimane intatto. Nelle versioni industriali, data l’alta quantità di produzione, spesso c’è necessità di un “ritocchino” di anidride carbonica per renderle più frizzanti in maniera rapida.
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Alfredo Pratolongo, presidente di Assobirra, ha dichiarato che il settore della birra sta attraversando un momento molto difficile anche a causa dell’aumento dei costi delle materie prime: “Nel 2022, il mercato sembra in ripresa sul fronte dei volumi. La realtà effettiva, però, è più complessa. L’attuale tempesta dei costi non sembra essere episodica e può generare effetti inflattivi, perdite di competitività, compromettere la ripresa e fermare gli investimenti da parte dei birrifici, nella distribuzione e nei canali di vendita, cioè lungo tutta la filiera brassicola”.
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La conseguenza potrebbe essere che a breve diminuiranno le scorte di birra nei supermercati, e questo sarebbe un peccato. Si considera la birra un prodotto modaiolo importato dalle culture nordice, come la Germania, Paesi Bassi o Inghilterra. In realtà sono sempre maggiori le piccole aziende made in Italy che producono birra artigianalmente con passione e creatività. E sarebbe un peccato tagliargli le gambe prima ancora che la birra italiana artigianale riesca ad imporsi sul mercato internazionale al pari di quelle di origine anglosassone.
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