Quando si parla di aquila di mare non si intende un uccello con preferenza per l’acqua, bensì di un pesce, che prende questo nome dalle pinne
Chi è amante dei pesci senza dubbio la conosce. L’aquila di mare. Che non è un volatile bensì un pesce. Fa parte della famiglia delle Miliobatidi, che sono caratterizzati da sembianze ben precise e molto diverse dagli altri pesci. Come ad esmepio la forma discoidale, che ha in comune con le razze. Difatti i due pesci possono essere facilmente confusi. Una particolarità di questi pesci è che la specie è ovovivipara, cioè la riproduzione avviene all’interno del corpo della madre, ma non nella placenta. I piccoli pesci saranno identici ai genitori, solo di dimensioni notevolmente più ridotte.
I piccoli possono essere dai tre ai sette per ogni parto, generalmente in tarda primavera o estate. La gestazione è di sei – otto mesi. Inizialmente il nutrimento dei piccoli ancora non partoriti è dell’interno del’uovo che li contiene. Successivamente si cibano di liquido uterino della madre.
È già stato specificato che l’aquila di mare – pur se simile – non è né una razza né tantomeno una manta. Hanno tutti un apetto leggero, che gli permette di muoversi con facilità nel mare e nell’oceano. Tuttavia è facile riconoscere l’aquila di mare perché ha una forma discoidale, mentre la razza romboidale. L’apertura alare, e da qui il nome di aquila, può arrivare quasi a due metri di ampiezza. Anche la coda è molto lunga, e può raggiungere la lunghezza di due metri e mezzo.
Questa specie di pesce si trova sulle coste del nord Atlantico orientale. Inoltre è presente anche nel Mediterraneo, particolarmente nel Mar adriatico. La si può trovare anche nelle acque da Madera al Marocco fino alle Isole Canarie verso nord, lungo le coste occidentali dell’Irlanda e in torno le isole britanniche e al Mare del Nord sudoccidentale.
Se ci si trova in prossimità di un’aquila reale, come anche nel caso di altri pesci, è bene non disturbarla. La base della lunga coda contiene un aculeo, che in caso di necessità viene utilizzato per difesa. L’aculeo è seghettato, e può spezzarsi nella carne della vittima.
Esso contiene del veleno, che per l’essere umano non è fatale, ma può essere molto urticante, provocando una ferita lacero contusa e delle irritazioni con dolore che possono durare fino alle 24 o 48 ore. Si possono verificare episodi anche di spossatezza, vomito e svenimento per eccessiva vasodilatazione. Dunque è consigliabile stare attenti.
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