L’architettura genetica è oggetto di studi e ricerche che guardano oltre al futuro sostenibile dell’edilizia con case create attraverso gli elementi della natura.
Un tipo di architettura che va oltre la sostenibilità. Abitazioni che fanno della natura la loro casa, dove vivere in completa armonia con il Pianeta. Sempre più spesso si sente parlare di architettura genetica che vede le case crescere come piante e gli arbusti diventare ornamenti destinati a prendere il posto dei lampioni, visto che saranno loro le fonti di luce.
Branca della bioarchitettura, questa materia di studio vede le costruzioni realizzate con materiali viventi oppure trasformati al minimo. Un po’ come si fosse dentro le atmosfere della pellicola “Avatar” gli elementi vegetali svolgono funzioni al pari di elementi come cemento ed elettricità. In questo modo si crea un’edilizia sostenibile, riciclabile e rinnovabile, con cui lasciarsi alle spalle i consumi.
Il massimo studioso dell’architettura genetica è il professore dell’Universitat Internacional de Catalunya, Alberto T. Estévez, che indaga su questa disciplina dagli anni Duemila.
Lo studioso ha dato vita a ricerche volte a scoprire come la genetica possa essere sfruttata per trovare soluzioni edili virtuose, con cui lasciarsi alle spalle l’insostenibilità del comparto, le cui conseguenze nefaste si riversano sul Pianeta. Con il suo team, ricorrendo a geni batterici, il professore ha utilizzato alberi di limoni diventati luminescenti: in questo modo si creano alberi che al buio si illuminano, potendo così dire addio alle classiche lampadine.
Se molti hanno accolto con entusiasmo i risultati di queste ricerche, non sono mancante critiche sull’impatto che potrebbe avere l’architettura genetica sulla natura. Tra le considerazioni c’è anche il fatto che in Europa ci sono rigide norme in fatto di manipolazione genetica, in particolare per impedire le contaminazione incrociate.
Sicuramente gli studi di questa disciplina all’avanguardia non sono passati inosservati. Tuttavia richiedono fondi enormi, tanto che Alberto T. Estévez non è riuscito a portare avanti i suoi studi, rimanendo però convinto al 100% delle potenzialità di questa disciplina, per lui il futuro.
La certezza è che i biomateriali sono il futuro per un‘edilizia più sostenibile, malgrado si è ancora alle prime armi con il loro utilizzo. Anche se ci sono dei passi avanti, la strada per un‘architettura più green è tutta in salita. E chissà se alla fine di quella salita si arriverà all’architettura genetica.
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