La ricerca di esopianeti nella zona abitabile dell’Universo spesso ci porta a conoscere mondi spaventosi, come il caso di TrEs-2b, atmosfera incandescente e notte perenne. Tutti i dettagli
Incredibilmente simile al nostro simpatico pianeta gassoso di quartiere, ma le differenze finiscono lì. Stiamo parlando di TrEs-2b, l’esopianeta più scuro che conosciamo. Scoperto nel 2006 è noto anche come Keplero-1b. con il termine “esopianeta” ci riferiamo a tutti i pianeti che non fanno parte del nostro sistema sola, quindi tutti i pianeti extrasolari.
È ormai noto da secoli che oltre al nostro, esistono miliardi di altri sistemi planetari. Molti sono simili, altri sono incredibilmente diversi. L’esopianeta di cui parliamo oggi ha una stella molto simile alla nostra, la particolarità risiede direttamente in lui.
Questo gigante buio riflette meno dell’1% della luce della sua stella. È l’esopianeta più buio a cui siamo arrivati. La sua superficie ai telescopi appare più buia del nostro celo notturno quando non è presenta la luce della luna.
Trovarlo è stata un’impresa, vista questa sua caratteristica. Ovviamente alla NASA non vanno in giro a cercare pianeti vaganti o, meglio, sì, ma quello è un altro studio. Dicevamo, la NASA e tutte le altre agenzie di ricerca spaziale, quando sono alla ricerca di pianeti extrasolari, solitamente concentrano le loro ricerche sulle stelle appena scoperte o anche quelle che già conosciamo.
Osservando queste forti luci per lunghi periodi di tempo, solitamente riusciamo a capire se e quanti pianeti ruotano attorno a quei sistemi. Quando una grande massa passa davanti alla luce di un coro celeste, infatti, ne abbassa l’intensità. È così quindi che riusciamo a capire di quanti pianeti sono composti i sistemi solari a centinaia di anni luce dalla nostra stella madre. TrES-2B si trova a circa 700 anni luce dalla costellazione del Dragone.
Non si trova a particolare distanza dalla sua stella, e questa inoltre non è una stella poco luminosa. Non ha particolari motivi per essere così scuro, ma allora, da cosa deriva tanta oscurità? Come mai la luce della sua stella raggiunge la sua superficie e ne rimane intrappolata? La colpa è di alcuni particolari composti chimici che risiedono nella sua atmosfera.
Questi, infatti, tra le tante proprietà, hanno quella di essere in grado di assorbire la luce. Uno di questi, che ha proprio questa caratteristica, è il diossido di Titanio. Particolarmente conosciuto per il fatto che sembra quasi rubarsi la luce che lo colpisce. Molti composti chimici nel nostro universo sono capaci di assorbire la luce visibile.
La sua presenza nella nostra galassia è stata rilevata dalla sonda Kepler da qui uno dei nomi, che ha rilevato una variazione luminosa nella sua stella, permettendoci quindi di indagare meglio, ma non fosse stato per la sua temperatura, difficilmente saremmo stati in grado di individuarlo anche al di fuori del suo passaggio davanti alla stella.
Questo corpo celeste mostra alla sua stella sempre la stessa faccia, per via di un particolare gioco gravitazionale che gli permette di ruotare, facendo coincidere la rotazione attorno alla stella. Un po’ come succede con noi e il nostro satellite, la luna. Per questa particolarità quindi, la sua temperatura è estremamente calda. Si teorizza che la sua aria sì più incandescente della lava.
La sua notte perenne è più profonda del nero del carbone, le uniche prove visive arrivano da piccoli e tenui bagliori che però mostrano un rosso infernale. Sono luci riflesse direttamente dalla sua atmosfera incandescente.
Gli esperti che lo hanno studiato dicono che una qualsiasi persona nella sua atmosfera diventerebbe istantaneamente cieca. Ma probabilmente le conseguenze di una passeggiata su TrES-2b sarebbero ben peggiori. La sua sincronia con la rotazione attorno alla nana gialla che regna nel suo sistema solare, ha quindi condannato questo gigante gassoso, ad un’eternità buia, se pur immersa in un mortale calore che lo accompagna dalla sua prima alba.
In aggiunta, come se non bastasse a definirne l’irraggiungibilità e la feroce ostilità ad ogni forma di vita, la sua atmosfera è piena di particelle di silicato. Una sostanza che per l’uomo e per tutte le altre forme di vita, risulta essere mortale, la sua tossicità è definitiva.
Ma non è l’unico esopianeta che conosciamo, la vasta ricerca degli studiosi attraverso l’universo sconfinato, vive oggi il momento più immerso della storia. Scopriamo nuovi mondi di continuo. E molti di questi risultano addirittura avere le potenzialità per essere abitabili.
Per poter un giorno potenzialmente ospitare forme di vita terrestri sulle loro superfici, questi esopianeti, devono trovarsi ad una distanza dalla loro stella minima e massima. Questa fascia è nominata zona di abitabilità. Ed essenzialmente è la fascia in cui l’acqua può mantenersi ad uno stato liquido.
È evidente che l’esopianeta di cui abbiamo appena parlato, non rientra nella categoria che cerchiamo, ma è attraverso la profonda conoscenza dell’universo, che un giorno forse, riusciremo ad esplorarlo tutto.
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