Alberi caduti che si muovono dalle foreste all’oceano e formano un enorme deposito di legno galleggiante nell’Artico: vediamo le stime e la quantificazione data dagli scienziati rispetto a questo fenomeno
Il riscaldamento globale in atto sul nostro pianeta e l’aumento delle temperature medie stanno causando una serie di effetti e conseguenze di varia natura. L’impatto devastante sugli ecosistemi, sugli animali, sulle piante e sui territori è sempre più preoccupante. Lo scioglimento dei ghiacci da un lato e i cambiamenti climatici dall’altro stanno mettendo a dura prova intere regioni, determinando modifiche significative nella conformazioni di grandi aree per terra e per mare.
Gli scienziati devono confrontarsi con nuove evidenze e inediti campi di ricerca, per lo più sconosciuti e non ancora studiati nella loro complessa interezza. Gli sconvolgimenti atmosferici determinano fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e incontrollabili come alluvioni e cicloni, ma anche caldo eccessivo e siccità. Il cosiddetto climate change è continuo e rappresenta una minaccia molto grave che interessa a tappeto ogni aspetto della vita sulla Terra.
Il deposito anomalo di alberi caduti
Uno di questi fenomeni particolarmente inconsueto riguarda gli alberi caduti che “navigano” nei fiumi sino ad arrivare all’oceano. La quantità dei tronchi galleggianti è aumentata a dismisura in un tratto del fiume Mackensie, nel Nunavut, in Canada. Sul delta del corso d’acqua si è creato un enorme deposito di alberi (logjam) che ricopre un’area di circa 51 chilometri quadrati. Gli scienziati che lo stanno studiando stimano che rappresenti uno stoccaggio di circa 3,4 milioni di tonnellate di carbonio.
La quantità è tale da non avere precedenti e gli studiosi approcciano metodologie di analisi per cercare di approfondire la questione. I satelliti hanno consentito di avere le immagini per mappare l’area interessata dal deposito di legno. I calcoli fatti, grazie anche sistemi di intelligenza artificiale, hanno dato risultati eclatanti: in pratica si parla di un’area grande come un’intera città, composta da 400mila cumuli di legno. La preoccupazione è proprio relativa alla quantità di carbonio che tutti questi alberi hanno immagazzinato e quale potrà essere il suo destino.
Un nuovo campo di ricerca
Gli scienziati coinvolti nel nuovo studio del più grande logjam (tronchi che bloccano un fiume) del mondo si sono concentrati sulla necessità di capire come i cambiamenti climatici impatteranno sul deposito e sui tronchi. Precipitazioni estreme e riscaldamento eccessivo potrebbero influire determinando modifiche nella conservazione del legno provocando una dispersione del carbonio stoccato all’interno. I dati del nuovo campo di ricerca devono essere ancora rilevati, considerando che i tronchi in superficie nascondono quelli al di sotto e la quantità di alberi potrebbe essere molto più importante, forse addirittura il doppio di quella calcolata.