Queste bacche vivono in Italia e sono velenosissime: si tratta di frutti che hanno l’aspetto di mirtilli e grandi ciliegie, ma sono tossiche.
Qualche anno fa, fece il giro della Penisola la notizia che un ex calciatore cinquantenne dell’Inter, e che aveva militato anche nella Triestina, squadra della sua città di origine, e nell’Udinese, era finito in terapia intensiva per aver mangiato dei frutti selvatici simili a delle grandi ciliegie. Con lui erano stati ricoverati altri membri del suo nucleo familiare. Appena qualche anno dopo, in provincia di Teramo, una donna aveva condito l’insalata con le foglie di una pianta, scambiata per lattuga, e anche in quel caso aveva rischiato grosso sia per lei che per la sua famiglia.
Quali sono le bacche velenosissime presenti in Italia
Nessun allarmismo, ma dobbiamo imparare a riconoscere quali sono le piante potenzialmente pericolose per la nostra salute, in quanto contenenti diversi alcaloidi che possono avvelenarci. In Italia, ne esistono di diverse tipologie e l’attenzione deve essere sempre massima.
Nel Nord Italia, ad esempio, la più temibile di queste piante è il Pànace di Mantegazza o panace gigante, che è infestante, cresce spontaneamente e può portare in caso di assunzione alla cecità. Non è noto solo a chi ha compiuto gli studi classici che il filosofo Socrate venne avvelenato con la cicuta, ma sicuramente sono in tanti coloro che non sanno che questa pianta cresce spontaneamente e anche in Italia e nello specifico molto vicina a dei piccoli corsi d’acqua. La si riconosce facilmente per l’odore sgradevole e quindi fortunatamente non si registrano casi recenti di persone che hanno avuto conseguenze dall’aver assaggiato i suoi frutti verdi.
Usato in fitoterapia e omeopatia, è comunque altamente tossico il digitale, pianta che va esclusivamente consumata in forma di farmaco pronto all’uso. In questo breve elenco, non poteva di certo mancare lo stramonio, noto comunemente come “erba del diavolo” e che ha un elevato contenuto di alcaloidi. Molto spesso, purtroppo, le bacche di una pianta vengono scambiate per ribes commestibili. Si tratta della Dulcamara: queste bacche per fortuna non hanno effetti che portano a un sicuro ricovero, ma i sintomi da ingestione possono essere comunque abbastanza seri.
Cosa sappiamo delle bacche della Belladonna, pianta dal nome rassicurante
Torniamo però ai due fatti di cronaca coi quali abbiamo aperto questo articolo e che hanno un unico comune denominatore, ovvero la pianta che provoca questo tipo di avvelenamento. Stiamo parlando della Atropa Belladonna, più semplicemente nota come Belladonna e dunque pianta dal nome – per così dire – ammaliante. In cosmetica, veniva usata come collirio, poiché provoca anche la dilatazione delle pupille: anche la Regina Vittoria ne fece ampiamente uso ai suoi tempi, essendo affetta da delle cataratte. Nel corso del Rinascimento italiano, inoltre, avere le pupille dilatate e gli occhi lucidi era sinonimo di bellezza e anche per tale ragione, in tanti usavano questa pianta come collirio.
In medicina, in passato, è stata utilizzata come trattamento per diversi disturbi legati ad asma, convulsioni, mal di testa, ma anche come calmante e sonnifero. Eppure, questa pianta dal nome rassicurante, così come il suo aspetto – tanto da essere chiamata “ciliegia della pazzia” o “ciliegia delle streghe” – è altamente tossica e oggi l’uso è fortemente sconsigliato. L’ingestione casuale, come abbiamo visto, rischia di spedire chi la consuma per sbaglio direttamente al pronto soccorso o addirittura, in casi più gravi, ricoverato in un reparto di terapia intensiva.
Questo perché, dicono gli esperti, può avere effetti allucinogeni – da cui il nome “ciliegia della pazzia” – e anche velenosi. I primi casi di avvelenamento legati a queste bacche sono stati isolati addirittura nel Settecento. Sia l’effetto allucinogeno che il possibile avvelenamento è legato alla presenza di alcaloidi come atropina e scopolamina, il secondo presente solo nelle foglie. Si tratta di eccitanti con un’azione depressiva, allucinogena e ipnotica sul nostro sistema nervoso.