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Attivisti Greenpeace arrestati in Russia: Christian D'Alessandro è uscito dal carcere [FOTO & VIDEO]

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[galleria id=”1765″]Fra gli attivisti di Greenpeace arrestati in Russia, Christian D’Alessandro è uscito dal carcere. Ad annunciarlo è stata la nota organizzazione ambientalista, la quale, comunque, ha precisato che non è possibile dire con certezza se l’italiano potrà ritornare a casa oppure se dovrà rimanere in Russia. Il rilascio di Christian è avvenuto dopo il deposito di 2 milioni di rubli, che sono stati approntati grazie ai fondi di Greenpeace International. Ha espresso soddisfazione la madre Raffaella. Quest’ultima, appresa la notizia, ha dichiarato di essere felice che Christian possa uscire dal centro di detenzione e il suo pensiero è andato ai familiari di Colin, per il quale la detenzione in carcere è stata, invece, prolungata.

La famiglia di Christian D’Alessandro ha sentito il bisogno di ringraziare il Ministero degli Affari Esteri e la rappresentanza diplomatica in Russia, che si sono impegnati per aiutarli. Soddisfazione anche per Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, in seguito anche al fatto che sono 6 in tutti gli ambientalisti rilasciati. Onufrio si è detto contento e nutre speranza che la stessa sorte positiva possa toccare anche agli altri attivisti che sono ancora in carcere. Le sue parole sono state: “Ora aspettiamo che tutti gli attivisti, incluso l’australiano a cui la libertà su cauzione è stata negata, escano dal carcere. Siamo sollevati, ma non stiamo festeggiando: sono tutti ancora accusati di vandalismo, un crimine molto serio che non hanno commesso, e rischiano anni di carcere. Gli Arctic30 saranno liberi quando cadranno le accuse ingiuste anche l’ultimo di loro sarà tornato a casa dalla propria famiglia”.
Anche altri attivisti sono stati rilasciati dietro il pagamento di una cauzione, tra cui l’argentina Camila Speziale e il canadese Paul Douglas Ruzycki. Il presidente della commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera, Ermete Realacci, ha commentato la decisione di San Pietroburgo, dichiarando che si tratta di un passo importante, al quale si è arrivati anche grazie all’impegno del ministro degli Esteri, Emma Bonino. Gli attivisti rilasciati su cauzione avranno la possibilità di ritornare a casa, in attesa del processo. La legge, comunque, li obbliga a ritornare in Russia, se saranno convocati dagli investigatori.
Gli attivisti erano stati trasferiti in una prigione di San Pietroburgo. A riferire del trasferimento è stata la stessa organizzazione ambientalista, che ha spiegato di aver appreso il tutto da fonti diplomatiche. A quanto pare i legali di Greenpeace non sanno come mai sia stato deciso il trasferimento. Rimangono, comunque, infondate per l’associazione le accuse che sono state rivolte ai suoi membri. Ecco perché ci si sta muovendo con varie iniziative, per intervenire presso le autorità governative russe, in modo che si possa facilitare la liberazione degli ambientalisti. Questi ultimi avevano soltanto intenzione di manifestare in maniera pacifica, per cui non si riesce a capire fino in fondo di quale reato possano essersi macchiati. Proprio per questo su Avaaz è stata lanciata una petizione globale, che è rivolta ai capi di Stato. In particolare si chiede l’intervento dell’India, del Brasile, del Sudafrica e dell’Unione Europea. I Governi sono chiamati a far sentire la loro voce, per consentire un’unione di intenti volta ad ottenere un riscontro sul piano concreto.
In tutto il mondo si fanno sentire le proteste per una situazione sempre più rischiosa. In particolare a Parigi due militanti ambientalisti sono saliti sulla Tour Eiffel, nell’orario in cui la struttura non è aperta al pubblico, e hanno esposto degli striscioni per chiedere la liberazione dei prigionieri. In tutto questo, d’altronde, non si può non tenere conto del fatto che il Governo russo sembra essere deciso a fare sul serio, ponendo anche sul capo degli attivisti un cambio di accusa, che per molti versi lascia aperte diverse possibilità, accompagnate da delle esplicite incertezze.

Gli attivisti arrestati non sono più accusati di pirateria, ma su di loro cade l’accusa di teppismo. Il cambiamento di reato, per il quale sono accusati, dovrebbe portare anche ad una pena differente, visto che in Russia per il reato di teppismo sono previsti al massimo 5 anni di reclusione. Soltanto nel caso in cui gli atti di vandalismo risultino di gruppo e premeditati, la pena potrebbe essere prolungata di 2 anni.
A dare notizia del cambiamento di accusa è stato il portavoce del comitato investigativo, Vladimir Markin. Tuttavia è stato anche specificato che ad alcuni degli ambientalisti potrebbe essere contestata anche un’accusa più grave. Potrebbero essere incolpati anche di violenza contro pubblico ufficiale, la cui pena arriverebbe ad un massimo di 10 anni. Secondo gli inquirenti, le indagini sarebbero state ostacolate dal fatto che gli arrestati si sarebbero rifiutati di testimoniare. Ecco perché adesso vogliono vederci chiaro e verificare approfonditamente tutte le versioni. Fra queste è incluso anche il possibile sequestro della piattaforma per motivazioni di carattere economico.
I rappresentanti dell’associazione ambientalista hanno commentato, affermando che gli attivisti non sono dei teppisti e facendo notare che le accuse vanno contro il principio di protesta pacifica, non avendo nessun legame con la realtà. Greenpeace ha intenzione di contestare anche le accuse di teppismo, così come ha fatto con quelle di pirateria. Sulla questione è intervenuto anche il presidente della commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci. Quest’ultimo ha detto di non essere informato sui motivi che hanno condotto la Russia a cambiare le accuse.
La vicenda
Il 18 settembre vengono arrestati due attivisti di Greenpeace, mentre, al largo delle coste russe, protestano contro le trivellazioni petrolifere che vengono compiute su una piattaforma di estrazione nel mare di Pechora. Il giorno dopo interviene la Guardia Costiera russa, che costringe la nave Arctic Sunrise di Greenpeace International a spingersi fino al porto di Murmansk, arrestando altri 28 militanti. Il 26 settembre inizia il processo. Pochi giorni dopo gli ambientalisti vengono accusati di pirateria.
I rischi
I legali di Greenpeace hanno deciso di ricorrere in appello contro il provvedimento. Difatti la legge russa stabilisce che la detenzione nella fase delle indagini e del processo possa essere prorogata fino a 12 mesi, prevedendo delle altre proroghe per i reati gravi. Fra questi ultimi rientra anche quello di pirateria, per il quale la pena da infliggere corrisponderebbe a 15 anni di reclusione. La Russia non vuole cedere, anzi si propone di inasprire le pene. L’opinione pubblica russa sarebbe favorevole nei confronti di questo punto.
Le condizioni dei prigionieri destano preoccupazione, in quanto inizialmente non sarebbero stati somministrati farmaci adeguati per l’attivista finlandese, che aveva subito un intervento per l’asportazione della tiroide. Greenpeace ha provato a far arrivare i medicinali, ma il Governo russo si è rifiutato di utilizzarli, affermando di aver provveduto da sé. Un militante inglese, secondo ciò che è trapelato dalle fonti, avrebbe avuto un attacco cardiaco. Fra i detenuti c’è anche l’italiano Cristian D’Alessandro, di Napoli, che faceva parte dell’equipaggio della nave sequestrata dalla Guardia Costiera russa nell’Artico. Per lui non ci sono timori riguardo alle condizioni di salute. Il ministro Emma Bonino è intervenuto, auspicando che si tenga conto della natura pacifica della protesta degli esponenti di Greenpeace.
La petizione
Sul sito di Greenpeace è stata lanciata una petizione, per chiedere al Governo russo di liberare gli attivisti e allo stesso tempo di fermare le trivelle che stanno arrecando molti danni ad un intero ecosistema, basato su equilibri molto delicati. Per dare un contributo concreto, bisogna compilare i vari campi che si trovano a questo indirizzo web di Greenpeace, inserendo i nostri dati e inviando in questo modo un’e-mail, il cui testo è già preimpostato, all’ambasciata russa in Italia.
Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International, ha chiarito come l’accusa di pirateria è stata rivolta a degli individui, che hanno una coscienza. Secondo il direttore, tutto ciò è scandaloso e mette a repentaglio i principi della protesta pacifica. Proprio per questo, a suo parere, sarebbe assurdo attribuire agli attivisti l’accusa di pirateria: sarebbe soltanto un tentativo di intimidazione.
Raffaella Ruggiero, la madre di Cristian D’Alessandro, ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché il Capo dello Stato si adoperi per la liberazione del figlio. E’ stata attivata, in riferimento alla lettera scritta, una petizione su change.org, proprio perché Cristian possa ritornare a casa.

Gianluca Rini

Gianluca Rini è stato collaboratore di Ecoo dal 2010 al 2019, occupandosi di alimentazione sana, riciclo creativo ed ecologia.

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