L’aurora boreale, uno dei più grandi spettacoli della natura, ha origine dallo scontro tra le particelle che formano il vento solare e gli atomi degli strati più esterni dell’atmosfera terrestre. Lingue e archi di luce verdastra che si agitano in cielo, associati in passato a segni divini, che da secoli affascinano gli scienziati. Uno spettacolo per gli occhi, ma non solo. Infatti, tra gli esploratori che hanno avuto la fortuna di ammirare questo emozionante gioco di luci e colori c’è chi giura di aver sentito degli strani rumori. Suoni simili a battiti di mani, sibili o grida soffocate che hanno alimentato un mistero capace di durare a lungo e far nascere un acceso dibattito tra i ricercatori.
Fiona Amery, docente di Storia della scienza dell’Università di Cambridge, in un recente studio pubblicato sulla rivista Journal of Royal Society, ha provato a raccogliere i resoconti di esploratori polari e scienziati che sono andati alla ricerca dei misteriosi suoni dell’aurora boreale.
Già alla fine del diciannovesimo secolo, quando ancora non si conosceva l’esatta natura dell’aurora boreale, alcune spedizioni scientifiche hanno provato senza grande successo a studiarne i suoni.
Nel maggio del 1933 lo Shetland News pubblicò una lettera dal titolo “Ascoltare l’aurora” in cui Peter Hutchison, un cittadino di Whalsay, un’isola della Scozia nord-orientale, raccontava di aver udito misteriosi rumori durante un’aurora boreale e ne diede una descrizione precisa: “Un suono come di tavole di legno sfregate, un rumore sordo che tutti riuscivamo a sentire“.
Secondo Sir Oliver Lodge, fisico britannico vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, i suoni sarebbero il frutto di un fenomeno psicologico causato principalmente dall’aspetto dell’aurora e a dare valore alla sua tesi ci fu la scoperta, avvenuta all’inizio degli anni ‘30, che le aurore si verificano a centinaia di chilometri dal suolo.
Al contrario, altri scienziati erano convinti che l’aurora boreale fosse davvero accompagnata da rumori. Tra questi, l‘astronomo canadese Clarence Chant nel 1920 sosteneva che il movimento dell’aurora può indurre cambiamenti nell’elettrificazione dell’atmosfera e dare origine a rumori del tutto simili al rumore provocato da scintille di elettricità statica.
Oggi la natura dell’aurora boreale è nota e sappiamo che, in rare condizioni, può essere accompagnata da suoni che possono essere percepiti dagli esseri umani. Secondo Fiona Amery, autrice dello studio, “la credibilità delle testimonianze è strettamente connessa alle misurazioni dell’altitudine delle aurore”. Infatti, un suono emesso da oltre 80 metri di distanza non può essere percepito dall’orecchio umano e questo permette di escludere il suono delle aurore boreali che avvengono a distanze superiori.
Nel 2012 Unto Laine, ricercatore dell’Università di Aalto, in Finlandia, ha pubblicato una registrazione dei suoni dell’aurora boreale. Un momento che ha rappresentato il culmine di anni di monitoraggio delle aurore.
Lo stesso Laine nel 2016 ha provato a spiegare i meccanismi alla base dei suoni, confermando in buona parte l’opinione di Chant: i cambiamenti visibili che si osservano durante un’aurora boreale inducono la formazione di uno strato di inversione termica, a livello della quale la temperatura aumenta salendo in quota anziché diminuire come avviene normalmente. Questo genera una scarica di elettricità in grado di creare i suoni dell’aurora boreale.
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