Da oltre mezzo secolo, le incantevoli coste delle Hawaii hanno subito un progressivo declino a causa degli effetti dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento causato dalle attività umane.
Una nuova strategia audace sta per cambiare il corso degli eventi, riportando nuova vita a questi luoghi unici. Alla luce di una crescente preoccupazione per l’ambiente e con l’approvazione del Comitato Scientifico di Ohga, una brillante iniziativa sta prendendo forma.
L’obbiettivo è proteggere e restaurare ben 120 miglia di preziose coste hawaiane, comprese le delicate barriere coralline. Ma l’ambizione di questo progetto va ben oltre il presente, mirando a rendere questi ecosistemi marini ancora più robusti e resilienti per le sfide future.
Barriera corallina delle Hawaii: tutti i pericoli che ne minacciano la sopravvivenza
Il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani rappresentano gravi minacce per le barriere coralline. Il surriscaldamento delle acque oceaniche può portare allo sbiancamento dei coralli, un fenomeno in cui i coralli espellono le alghe simbiotiche che forniscono loro energia, causando il deterioramento e la morte dei coralli.
L’inquinamento delle acque marine, causato da scarichi industriali, agricoli e urbani, può causare un danno significativo alle barriere coralline. I nutrienti in eccesso possono innescare fioriture di alghe che soffocano i coralli e ostacolano la loro crescita. La pesca eccessiva, in particolare la pesca distruttiva con metodi non sostenibili come la pesca con esplosivi o il veleno, può danneggiare direttamente i coralli e ridurre la biodiversità marina.
L’ancoraggio, la navigazione negligente e le attività turistiche non regolamentate influiscono negativamente sull’ecosistema, spezzando i coralli e compromettendo l’habitat. L’introduzione di specie marine invasive, come alghe o predatori, può alterare l’equilibrio ecologico della barriera corallina e minacciare la sopravvivenza delle specie native.
Il programma ecologico per salvaguardare la barriera corallina
Lo sviluppo costiero e l’urbanizzazione possono portare all’erosione delle terre, all’alterazione del flusso di sedimenti e all’inquinamento delle acque, causando effetti negativi alla barriera corallina. L’elevato afflusso di turisti nelle aree coralline può portare a calpestio, danni fisici e inquinamento delle acque, mettendo a rischio l’integrità degli ecosistemi corallini.
L’intraprendente programma è stato battezzato Ākoʻakoʻa, termine hawaiano che racchiude i significati di “corallo” e “assemblare”. Questo nome rispecchia la duplice missione dei ricercatori provenienti dall’Arizona State University (ASU), i quali concentreranno i loro sforzi sul recupero di una distesa di 193 chilometri (corrispondenti a 120 miglia) di barriere coralline situate al largo della parte occidentale della Big Island delle Hawaii.
Le barriere coralline delle Hawaii, come molte altre in tutto il mondo, hanno subito un drammatico declino nell’arco degli ultimi cinquant’anni. L’inquinamento, la pesca eccessiva e gli impatti dei cambiamenti climatici innescati dall’azione umana ne hanno minato la salute e la vitalità.
In questo ambizioso sforzo di ripristino, sono stati stanziati fondi considerevoli, pari a 25 milioni di dollari, che contribuiranno a finanziare l’implementazione del programma. Un aspetto centrale di Ākoʻakoʻa sarà la creazione di una struttura all’avanguardia per la ricerca e la propagazione dei coralli a Kailua-Kona, sulla Big Island. Questo centro scientifico sarà fondamentale per condurre approfondite indagini sulla salute dei coralli e per la coltivazione di nuove colonie di coralli, con l’obiettivo finale di ripristinare questi esseri vitali per gli ecosistemi marini.
A esporre la visione e gli obiettivi del programma è stato Greg Asner, il direttore del Center for Global Discovery and Conservation Science dell’ASU. Egli guiderà il cammino di Ākoʻakoʻa, affermando: “Questo nuovo programma non solo amplia la nostra comprensione diagnostica, ma concentra i suoi sforzi su azioni concrete a supporto delle comunità delle Hawaii, umane e marine, operando come un’unica forza”. Un’indicazione chiara che la connessione tra l’uomo e l’ambiente è al centro di questa avventura di restauro e preservazione.