Sul nostro pianeta vive una quantità di microrganismi incommensurabile, alcuni dei quali spiccano per le loro particolari caratteristiche come il batterio fertilizzante.
Il batterio marino trichodesmium è noto anche con il nome di segatura di mare e già a partire dal 1770 vi sono testimonianze della sua osservazione da parte del capitano britannico James Cook. All’epoca il capitano non sapeva che si trattasse di un batterio, anzi era invece convinto di trovarsi di fronte a un’alga marina. Questo batterio fertilizzante, in seguito, è stato studiato per anni proprio per via delle sue interessanti caratteristiche: esso è infatti in grado di formare grosse catene di aggregazione.
Può essere visto anche a occhio nudo e addirittura dallo spazio e si presenta in aggregati a forma di pomponi con soffi distribuiti radialmente attorno a un centro, in disposizione casuale oppure a mo’ di ciuffi con i filamenti raggruppati in parallelo. L’elemento più sorprendere del tricodesimo, tuttavia, è la sua capacità di fornire nutrimento alle specie marine, trasformando l’azoto elementare disciolto nell’acqua in ammonio. Un po’ come il batterio che mangia anidride carbonica scoperto nell’isola di Vulcano!
Trichodesmius: il batterio fertilizzante che fa sopravvivere le specie marine
Questo microbo marino popola soprattutto i mari tropicali e subtropicali e, proprio grazie alla sua capacità di aggregazione, è in grado di adattarsi e reagire ai cambiamenti climatici. Ed è proprio questa loro caratteristica che ha portato un gruppo di ricercatori svizzeri a studiare più approfonditamente il comportamento del trichodesmium. In particolare gli scienziati hanno sottoposto i batteri a stimoli luminosi.
I risultati hanno mostrato una tendenza dei gruppi batterici ad allargarsi in condizioni di assenza di luce e a contrarsi in presenza di luce. Similmente a quanto accadrebbe con l’esposizione alle radiazioni solari, dunque, i batteri hanno adattato il loro comportamento alle caratteristiche dell’ambiente, sfruttando un meccanismo semplice ma evidentemente efficace: aggregarsi.
L’unione fa la forza: il tricodesimo sopravvive aggregandosi
I ricercatori hanno dunque supposto che la radiazione solare possa avere un effetto negativo sulla salute del batterio, che tende a ridurre la superficie di esposizione alla luce. Inoltre gli aggregati possono intrappolare maggiori quantità di polvere di ferro, necessaria per la fissazione dell’azoto, e affondare e poi risalire velocemente per recuperare fosfato e altri nutrienti dalle profondità marine.