La questione del biocarburante è decisamente complessa. A quanto pare l’inquinamento e lo sfruttamento di risorse non cessa di avere luogo.
I nodi continuano a tornare al pettine. Per quanto ci si sforzi in termini di risorse economiche e fisiche, la coperta è sempre troppo corta. Immaginare i consumi su scala mondiale così come li conosciamo oggi, senza che questo comporti danni all’ambiente, è praticamente un ossimoro. Tenendo anche presente che la popolazione mondiale è in crescita. E che i Paesi cosiddetti in via di sviluppo desiderano aumentare i propri consumi, per portarli almeno ai livelli dei Paesi cosiddetti sviluppati. E qui si crea il cortocircuito.
Questa tematica generale, che può essere applicata a tutti i campi della produzione, in questo caso viene focalizzata sul tema della mobilità sostenibile, che oltre ad essere uno dei punti focali del PNRR, è anche settore in forte sviluppo che ha avvantaggiato economicamente uno degli uomini più potenti della Terra: Elon Musk.
Il petrolio fa male all’ambiente. E questo lo sappiamo. Le emissioni da combustione di carburanti fossili fanno male alla salute dell’uomo. E questo lo sappiamo. Ed allora esce magicamente dal cassetto dei desideri il biocarburante, nello specifico il biodiesel, così che l’ambiente sia salvo e le persone possano tranquillamente continuare a prendere i voli low cost senza doversi sentire in colpa. Diverse compagnie aeree hanno di recente pubblicizzato i loro voli a “basso impatto ambientale”. E qui entra in ballo una delle più grandi operazioni di greenwashing che siano state compiute ai danni dei consumatori.
Biocarburanti, olio di palma e grasso di maiale
I biocarburanti per definizione sono dei carburanti ottenuti attraverso la lavorazione di materie prime agricole o organiche, in ogni caso degradabili. Che a quanto pare consentirebbero non solo di affrancarsi dalla dipendenza dalle fonti non rinnovabili quali il petrolio, ma anche di diminuire le emissioni di Co2 nell’atmosfera. Tuttavia è una falsa soluzione. Esistono diversi tipi di biocarburanti. Quelli prodotti con alcool etilico e olio di colza, e quelli – i biodiesel – composti da grasso di maiale e olio esausto riciclato o olio di palma. Ora, balza subito agli occhi che almeno due dei nomi dell’elenco sono decisamente invisi agli ambientalisti. Per produrre olio di palma ed olio di colza, buona parte dell’Amazzonia sta subendo una deforestazione senza precedenti. Così come per gli allevamenti intensivi di animali.
Ed allora dov’è il vantaggio? Si diminuiscono le emissioni ma si sottrae l’unica risorsa naturale che abbiamo per contrastarle. Tanto più che, come ammette la stessa Treccani online, la produzione minore di anidride carbonica è compensata da un aumento di produzione di protossido di azoto – altro gas climalterante – durante la coltivazione dell’olio di colza.
I maiali per far volare gli aerei
La trazione animale per il trasporto umano sembrava abbandonata da parecchio tempo, almeno nella maggior parte delle civiltà, ed invece non è così. Solo che questa volta gli animali non cedono il loro sforzo e la loro fatica, bensì il loro grasso. Il grasso dei maiali è una componente fondamentale del biodiesel per il trasporto aereo. Il problema è che che la domanda è decisamente maggiore dell’offerta. E per citare una stima di transportenviroment.com, in futuro per un solo viaggio da Parigi a New York dovrà essere utilizzato il grasso di 8.800 maiali morti, nel caso di un volo 100% alimentato a biodiesel. Tralasciando la non trascurabile questione animalista, si deve tener presente che tutto questo grasso non è a disposizione.
L’industria alimentare produce poco scarto di grasso di maiale, etichettato con differenti livelli di qualità. Esso serve a produrre il cibo per gli animali domestici, il pet food, e viene in gran parte assorbito dall’industria cosmetica. La conseguenza diretta è che si potrebbero declassare illegittimamente grandi quantità di grasso di alta qualità per poterlo così utilizzare allo scopo di confezionare il biodiesel. Cosa che sta già accadendo. Non ci sono conferme ma solo interpretazione piuttosto chiara dei dati.
Come riporta transportenvironment.org, nel 2021 l’industria dei grassi animali ha dichiarato di aver utilizzato mezzo milione di tonnellate di grasso di maiale di categoria uno e due – di minor qualità -. Mentre dai dati prodotti dagli stati membri dell’Unione europea risulta il doppio. Questa discrepanza può essere giustificata solo da dichiarazioni fuorvianti, allo scopo di ottenere doppi incentivi economici ed utilizzare maggior quantità di grasso di maiale destinato al trasporto. Nel frattempo, gli spot pubblicitari continuano ad utilizzare la vernice verde.