L’energia da biomasse non è assolutamente da sottovalutare, visto che anche in questo caso si potrebbe avere a disposizione energia pulita senza danneggiare l’ambiente. Per questo motivo di recente sono parecchie le modalità di produzione di energia che si rivolgono sempre di più verso questo settore, grazie anche allo sviluppo di nuovi impianti che utilizzano scarti di vari prodotti per la produzione di energia. E’ quello che succede ad esempio in Trentino, nella località di Pejo, dove una centrale a biomassa trasforma scarti di mele e di segheria in energia pulita. Vediamo come.
La centrale a biomasse nel Trentino è veramente interessante, dal momento che permette di ridurre l’inquinamento, producendo energia alternativa. Naturalmente si tratta di un fenomeno in forte crescita, che negli ultimi tempi sta coinvolgendo in generale parecchi paesi.
Basta considerare che soprattutto nei territori di montagna è più semplice utilizzare il legno per la produzione di energia e attualmente sono più di 7.000 i Comuni che hanno deciso di rivolgersi verso questo settore per la produzione di energia pulita utilizzando legno, investendo quindi sulle rinnovabili.
Non solo legno, ma anche scarti delle coltivazioni delle mele, sterpaglie dei boschi della Valtellina e sottobosco dei pascoli nel bellunese. Tutto questo materiale, chiamato “cippato”, viene utilizzato come combustibile per la produzione di energia.
In questo modo si produce energia utile inquinando di meno e valorizzando del materiale di scarto che altrimenti non avrebbe nessuna utilità. Risparmio energetico, con la riduzione del costo delle bollette, e salvaguardia dell’ambiente costituiscono il minimo comune denominatore di impianti di produzione di questo tipo.
Nella valle di Pejo, in Trentino, l’azienda Sanpellegrino ha deciso di costruire uno stabilimento per imbottigliare l’acqua, usando appunto una centrale termica a biomassa. Grazie a delle macchine apposite, chiamate “cippatrici”, gli scarti polverizzati provenienti dalle coltivazioni di mele, insieme a residui di boschi del Parco dello Stelvio ed a scarti di segheria, vengono utilizzati per la produzione di biocombustibile.
Come afferma Daniela Murari, dell’azienda in questione, “Gli scarti che utilizziamo per la nostra centrale termica provengono tutti da un raggio massimo che va dai 40 agli 80 chilometri. Permettendo alla nostra caldaia di integrarsi perfettamente con il territorio in cui operiamo“. Un modo ottimo anche per valorizzare il territorio.