Come molti di voi sapranno, la plastica di uso comune (altrimenti detta “sintetica“) viene ottenuta da derivati del petrolio. E’ altrettanto risaputo l’utilizzo in larga scala di questa materia, che viene utilizzata per molteplici prodotti anche di uso quotidiano. Ma sappiamo quanto inquina la plastica sintetica? Considerando che la sua lavorazione impiega energie non rinnovabili ed essendo non biodegradabile il suo smaltimento richiede centinaia di anni, la risposta è: quanto basta per creare danni all’ambiente. L’alternativa ecologica a questo problema si chiama bioplastica.
La bioplastica si ottiene da materie prime di origine vegetale, ad esempio: amido di mais, barbabietola, alghe. Va da sè che questo materiale è totalmente biodegradabile. E ci si può creare davvero di tutto: sacchetti della spesa super-ecologici, posate, bicchieri, fili di nylon e tantissime altri oggetto di uso comune. A seconda della composizione del prodotto, la bioplastica impiega da pochi giorni a 4-5 anni per decomporsi, ovviamente senza disperdere nell’ambiente nessuna sostanza o emissione inquinante.
Inoltre, come analizzato dall’European Climate Change Program (ECCP), per ogni tonnellata di bioplastica prodotta si potrebbe evitare l’emissione di circa 4 milioni di tonnellate di CO2. Peccato solo che la diffusione di questa materia è scoraggiata sia dalla diffusione ormai dominante della plastica tradizionale e, in secondo luogo, dai costi di realizzazione elevati.
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green.liquida.it
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