A Bomarzo, in provincia di Viterbo, si trova un singolare parco costruito nel XV secolo su commissione del Principe Pier Francesco Orsini. Viene anche chiamato il parco dei mostri
Un parco per ricordare, un parco per dimenticare. Come è capitato un epoca più recente per il giardino dei tarocchi di Niki de Saint Phalle, le costruzioni più curiose che si trovano nel Lazio sono state create su una spinta emotiva. Il parco di Bomarzo è stato progettato dall’architetto Piero Ligorio, il quale sostituì Michelangelo Buonarroti nell’edificazione della basilica di San Pietro, dopo la sua morte. Ed è allo stesso Michelangelo che inizialmente era fatta risalire l’architettura del parco, in maniera errata. Le opere scultoree sono state probabilmente affidati alle sapienti mani di Simone Moschino.
La costruzione risale al XVI secolo e la realizzazione fu terminata nel 1547 . La commissione del Principe Pier Francesco Orsini era stata fatta per dedicarlo alla sua compianta moglie Giulia Farnese. Orsini chiamava il parco semplicemente boschetto. in seguito fu nominato anche sacro bosco o Villa delle meraviglie.
Bomarzo, perché la presenza di scultore dei mostri
Addentrandosi all’interno di questo affascinante e magico parco dall’atmosfera incantevole, si può notare facilmente il dialogo tra natura e sculture inquietanti quanto raccapriccianti. I tre ettari di superficie del parco di Bomarzo contengono grandi statue in basalto, dove i soggetti richiamano alla mitologia più fantastica quali sirene, mostri marini, satiri, draghi, sfingi e tartarughe giganti. Molto apprezzata anche la casa pendente, che ha poco a che fare con la torre pendente di Pisa. Il gioco di illusione ottica è costituito da un masso inclinato di basalto su cui essa è poggiato. Se si entra all’interno dell’edificio, i pavimenti sono in parallelo con la base, dunque inclinati rispetto al terreno.
La riscoperta del parco
Dopo essere stato presentato in pompa magna alla fine del Cinquecento, dopo la morte del principe Orsini i suoi eredi abbandonarono il parco, che rimase nell’oblio fino alla metà del Novecento. Quando Giancarlo e Tina Bettini, due intellettuali della metà del XX secolo, decisero di recuperare il parco e le sue bellezze. Da allora è uno dei siti più visitati del Lazio e forse di tutta Italia.
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