Chi l’ha detto che quando un indumento si rompe dobbiamo buttarlo? In Francia sta arrivando il bonus rammendo, per incentivare le riparazioni.
Nella cultura del consumismo si inserisce alla perfezione l’industria del fast fashion, specializzata nella produzione di capi di abbigliamento e accessori a basso costo che danno seguito alle ultime tendenze della moda per accontentare il maggior numero di acquirenti possibile. A fare da contraltare alla versatilità di brand quali Zara, H&M o la nuovissima app Temu vi sono però dei lati negativi.
Alcuni esempi possono essere la qualità tendenzialmente scarsa dei prodotti, il ricorso a materiali sintetici, nonché la bassa retribuzione della manodopera produttrice. Quando un capo alla moda ci alletta con un prezzo molto basso, però, siamo in molti a cadere nella trappola e altrettanto spesso, se il capo si rovina, decidiamo di eliminarlo piuttosto che portarlo ad aggiustare.
Il costo delle riparazioni per i vestiti, le scarpe o le borse, infatti, molto spesso finisce per essere proporzionalmente più alto di quello speso per l’acquisto del capo in sé. Ne consegue un enorme spreco di capi di abbigliamento: basti pensare che solo in Francia ogni anno vengono gettate 700mila tonnellate di indumenti, due terzi dei quali finiscono direttamente in discarica.
Per diminuire lo spreco di vestiario e incentivare il ricorso alla manodopera di sartoria, dunque, il governo ha deciso di stanziare 154 milioni di euro tra il 2024 e il 2028 sotto forma di “bonus rammendo“. A commentare l’iniziativa ci ha pensato direttamente la segretaria di Stato per l’ecologia Bérangère Couillard, che ha invitato i laboratori di cucito e i calzolai a partecipare all’iniziativa messa a punto da Refashion, associazione che si occupa del recupero e del riciclo dei vestiti.
In base alla tipologia di intervento da effettuare sugli oggetti, verrà corrisposto un rimborso che andrà dai 6 ai 25 euro. Questa iniziativa statale ha il doppio scopo di ridurre lo spreco nel mondo dell’abbigliamento (che secondo i dati di Refashion nel 2022 ha immesso sul mercato 3,3 miliardi di nuovi prodotti) e promuovere il lavoro degli artigiani specializzati nel recupero degli indumenti usati.
Inoltre la speranza è quella di incentivare una maggiore tracciabilità del processo produttivo degli indumenti. Similmente a quanto accade con la nuova etichetta alimentare Positive Food, che dà un voto alla sostenibilità della filiera produttiva dei cibi secondo 4 indicatori, informare il cliente sull’intero ciclo produttivo può essere un modo per incentivare le aziende ad agire in modo più consapevole e sostenibile.
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