Quanto accaduto a Chernobyl non ha avuto delle conseguenze solo sugli esseri umani. I cani hanno sviluppato un patrimonio genetico unico nel loro genere.
Chernobyl, un nome che evoca catastrofi e pericolo, è oggi teatro di una scoperta straordinaria: un’intera popolazione di cani vive e prospera in un ambiente che sembrerebbe inospitale per qualsiasi essere vivente. Questi animali non sono semplicemente sopravvissuti al disastro nucleare, ma hanno sviluppato caratteristiche genetiche che li rendono unici al mondo, rivelando come la natura possa adattarsi e trasformarsi persino di fronte agli eventi più devastanti.
Uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances ha aperto una finestra sulla vita di questi cani, analizzando il loro DNA e tracciando una storia incredibile fatta di mutazioni genetiche, adattamento e sopravvivenza in condizioni estreme. Non si tratta soltanto di una questione di radiazioni, ma di come la vita si riorganizza e crea nuove possibilità anche nelle circostanze più difficili.
La notte del 26 aprile 1986 cambiò per sempre il destino di una vasta area dell’Ucraina. L’esplosione del reattore della centrale nucleare di Chernobyl costrinse decine di migliaia di persone a fuggire, lasciandosi alle spalle case, ricordi e, in molti casi, anche i propri animali domestici. Quei cani, abbandonati in un territorio contaminato, divennero i progenitori delle popolazioni che oggi vivono nei pressi del reattore.
Nonostante gli sforzi delle autorità di abbattere gli animali rimasti per contenere il rischio di contaminazione radioattiva, alcuni cani sopravvissero. Questi animali si adattarono a un ambiente devastato, trovando rifugio nelle rovine della centrale e nelle aree circostanti, e iniziarono a riprodursi, dando vita a una popolazione distinta che ancora oggi abita la zona.
Con il passare degli anni, questi cani hanno attirato l’attenzione di ricercatori e volontari. Lontani dall’essere semplici superstiti, i cani di Chernobyl rappresentano un vero e proprio mistero biologico, un’opportunità unica per comprendere come la vita possa evolversi e prosperare anche in condizioni estremamente ostili.
Un gruppo di studiosi, in collaborazione con i volontari del Clean Futures Fund, ha raccolto campioni di sangue da oltre 300 cani che vivono a diverse distanze dal reattore. L’analisi del loro DNA ha rivelato qualcosa di straordinario: questi cani sono geneticamente diversi da qualsiasi altra popolazione canina conosciuta. Le radiazioni e l’isolamento geografico hanno prodotto mutazioni genetiche che li rendono unici, trasformandoli in una sorta di “nuova razza” adattata a vivere in un ambiente contaminato.
I ricercatori hanno identificato tre gruppi distinti di cani, che vivono rispettivamente vicino al reattore, nella città di Chernobyl e a Slavutych, a circa 45 chilometri di distanza. Nonostante la vicinanza geografica, queste popolazioni tendono a rimanere separate, dimostrando una chiara differenziazione genetica. Questo isolamento è in parte dovuto alla conformazione del territorio e alle condizioni ambientali, ma anche al comportamento sociale dei cani, che tendono a formare branchi composti da individui imparentati.
I cani che vivono più vicino al reattore sono esposti a livelli di radiazioni più elevati rispetto a quelli delle aree circostanti. Questa esposizione costante ha avuto un impatto significativo sul loro patrimonio genetico, portando a mutazioni che potrebbero offrire indizi preziosi su come la vita risponde a lungo termine a basse dosi di radiazioni.
I cani di Chernobyl rappresentano molto più di una curiosità biologica. La loro esistenza offre agli scienziati un’opportunità unica di studiare gli effetti delle radiazioni sulla genetica e sulla salute. Fino ad ora, gran parte delle ricerche sulla fauna di Chernobyl si è concentrata su insetti, uccelli e piccoli mammiferi. I cani, in quanto mammiferi di grandi dimensioni, offrono un punto di confronto più diretto con gli esseri umani, rendendo i loro dati particolarmente preziosi.
Le mutazioni genetiche osservate nei cani potrebbero fornire indizi su come il DNA umano reagisce a esposizioni prolungate a basse dosi di radiazioni, aprendo nuove prospettive per la medicina e la biologia evolutiva. Un altro aspetto interessante riguarda il fenomeno dell’impoverimento genetico. I cani di Chernobyl si sono riprodotti per generazioni all’interno di una popolazione relativamente piccola, il che ha ridotto la diversità genetica complessiva. Questo fenomeno, noto come collo di bottiglia genetico, è un tema di grande interesse per i biologi, poiché può offrire spunti sulla resilienza delle specie in situazioni di crisi.
Nei prossimi mesi, il team di studiosi tornerà nella zona per raccogliere ulteriori campioni e approfondire la mappatura genetica di queste popolazioni. L’obiettivo è identificare con precisione quali mutazioni siano il risultato diretto dell’esposizione alle radiazioni e quali siano invece dovute all’adattamento naturale. Questi animali non sono solo testimoni di un evento storico drammatico, ma rappresentano una risorsa preziosa per la scienza e un simbolo della capacità della natura di resistere e prosperare anche nelle condizioni più difficili.
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