Lo sanno tutti: tra i funghi esistono specie innocue e commestibili e specie che possono risultare letali per l’uomo, ad esempio il cappello della morte.
Gli esperti di funghi amano recarsi nei boschi per raccogliere questi organismi, specialmente in autunno, quando il terreno umido offre un habitat ideale per la crescita delle spore. Eppure chi è appassionato di raccolta di funghi sa bene quanta attenzione bisogna porre alla raccolta, poiché alcuni di loro possono risultare altamente tossici per l’uomo, se non addirittura letali.
Per la stessa ragione le ASL cittadine mettono a disposizione un servizio di analisi dei funghi, dalla quale è possibile stabilire se le specie raccolte sono commestibili oppure no. In alcuni casi, però, può capitare che specie di funghi all’apparenza molto simili abbiano al contrario tassi di tossicità molto differenti. In questo senso un esempio lampante è quello del cappello della morte, considerato il fungo più velenoso al mondo.
Cappello della morte: come riconoscere il fungo più velenoso al mondo
Il suo nome tecnico è amanita falloide dal quale è derivata l’espressione sindrome falloide per indicare la condizione patologica conseguente all’ingerimento di anche solo una minima porzione di questo fungo. Al suo interno troviamo infatti una tossina che è in grado di danneggiare il fegato in maniera molto non solo molto veloce ma anche irreparabile, tanto da portare in molti casi anche alla morte del soggetto. Uno degli aspetti più insidiosi del cappello della morte, noto anche coi nomi di ovolo bastardo o angelo della morte, è che non sempre è facile riconoscerlo. Al contrario potrebbe capitare di confonderlo con specie innocue, finendo invece per ingerire il fungo più velenoso esistente.
Ma come si presenta alla vista questo fungo? Esso ha gambo lungo che va dai 4 ai 18 cm e cappello grigio-giallastro, giallo-bruno o verdastro. Attenzione, però, perché in alcuni casi il cappello della morte può anche presentarsi totalmente bianco, di forma ovale quando è giovane e tonda e piatta una volta cresciuto. Ha un odore dolciastro e, secondo alcune sfortunate testimonianze, un sapore che ricorda vagamente quello della nocciola.
Esiste un antidoto per l’amanita falloide: è un colorante
Tale fungo è così letale da aver portato alcuni scienziati a brevettare un antidoto, che in alcuni casi può salvare il malcapitato dalla morte. Si tratta di un colorante usato nelle indagini diagnostiche che potrebbe bloccare la tossina α-amanitina, responsabile di gravi insufficienze epatiche e renali. A scoprire l’antidoto è stato un gruppo di scienziati dell’università Sun Yat-sen University in Cina, al fianco di alcuni colleghi australiani. Nel 50% dei casi, le cavie cui era stato somministrato il fungo sono sopravvissute, di contro al 25% delle cavie non trattate con l’antidoto.