La sensibilità ambientale dei consumatori per rendere più sostenibile l’industria alimentare è un fattore determinante. La carne di pollo è la più venduta al mondo. Molte culture, e soprattutto religioni, hanno delle restrizioni alimentari che riguardano la carne, in particolare quella di manzo e di maiale. Ma nessuna, tranne le vegetariane, vieta il consumo di pollo. Ragion per cui la carne di pollo è tra le punte di diamante del settore carni. Oltretutto è un tipo di carne che viene venduto a buon mercato rispetto alla carne rossa. Il consumo smisurato di pollo e la richiesta superiore alla domanda hanno fatto sì che nel tempo pratiche di allevamento poco etiche siano state praticate dalla maggior parte degli allevatori.
Ormoni, in particolare estrogeni per stimolare la crescita, che inevitabilmente finiscono nell’organismo umano. Allevamenti intensivi con gli animali a contatto talmente stretto da non potersi muovere. Mangime a base di soia, alimento non esattamente congeniale al pollo in libertà, che preferisce vermi e piccoli insetti.
Tutte queste prassi hanno generato 790 milioni di tonnellate di Co2 prodotte dagli allevamenti di pollo. Per rendere più sostenibile – ed anche più salubre – il consumo di carne di pollo, si dovrebbe invertire la rotta. Ma questo comporterebbe una produzione più ridotta e costi più alti, che buona parte dei consumatori e dei produttori non è disposta a sostenere. Uno studio lo ha dimostrato.
Oltre al portafogli, i consumatori sono legati alle abitudini. Anche visive. Uno studio condotto dall’università di Gottinga, in Germania, e di Alberta, in Canada, ha analizzato le prefernze dei consumatori di carne di pollo prendendo in considerazione il fattore economico, le informazioni nutrizionali e l’aspetto visivo della carne. E’ stato scelto a tal fine un campione di consumatori eterogeneo. Una parte sensibile al tema ambientale, un’altra meno.
La carne di pollo, se proveniente da animali che si cibano di alghe ed insetti, più congeniale all’animale, assume un colore rosso più vivo e delle venature gialle. L’utilizzo di questo mangime al posto della soia consente un consumo minore di terreno, salvaguardando l’ambiente dagli allevamenti intensivi. Il risultato dell’indagine è stato che, nonostante in etichetta fossero spiegate le motivazioni del colore differente, e la tutela dell’ambiente, una parte del campione ha preferito il pollo canonico da allevamento intensivo alimentato a soia.
L’altra parte, già in precedenza dimostratasi sensibile al tema ecologico, ha invece scelto il pollo con la colorazione più scura. Questo dimostra che l’informazione sull’alimentazione ha ancora molta strada da fare. E questo percorso deve essere intrapreso parallelamente alla coscienza ecologica.
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