Le associazioni animaliste hanno fatto scudo contro la cattività e la vendita dei 7 cavalli dell’Aveto, sottratti al loro stato brado verso destinazione ignota
Le associazioni animaliste si muovono non appena qualche caso balza loro agli occhi. Ed il polverone mediatico è utile proprio a far sì che le questioni etiche muovano le coscienza colletive e spingano le istituzioni a scegliere secondo principi che prediligano il benessere animale rispeto al profitto. E proprio da questo meccanismo emerge la vicenda dei 7 cavalli dell’Aveto. Nella valle che separa la Liguria dall’Emilia-Romagna, il 21 ottobre scorso 7 cavalli selvaggi sono stati trovati rinchiusi in un recinto per volere dell’amministrazione comunale. Gli animali davano segno di stress, nervosismo e malnurtrizione. L’erba dell’area a loro accessibile era già stata ampiamente consumata.
L’associazione degli animalisti italiani denuncia a Repubblica: “I cavalli sono stati privati della loro libertà e dignità, senza il minimo rispetto del loro benessere, pronti per essere deportati. La loro destinazione non ci è nota, ma sicuramente avrà connotati di sfruttamento e lucro”. Altre associazioni locali e nazionali si sono unite per solidarizzare con la causa.
Ai microfoni Ansa l’associazione animalista Aidaa denuncia che “oramai il piano diabolico del sindaco di Borzonasca Giuseppino Maschio è venuto a galla. La cattura dei sette cavalli selvaggi dell’Aveto e rinchiusi in un recinto non è dovuta al pericolo che secondo il sindaco provocavano agli automobilisti aggirandosi ai bordi di una strada, ma sono stati catturati per essere affidati a un allevatore della zona ed essendo nella maggior parte cavalle femmine in età riproduttiva lo scopo era ed è evidentemente quello di trasformarle in fattrici per produrre cavalli magari poi da destinare al macello”. Nonostante le dichiarazioni contrarie del sindaco, se anche una minima parte della questione fosse vera sarebbe un’aberrazione.
Cavalli dell’Aveto in prigionia, la richiesta di libertà
È in tutto e per tutto una questione che riguarda la detenzione di animali cresciuti allo stato brado. Inizialmente le motivazioni accampate dall’amministrazione comunale erano di ordine preventivo, per garantire la sicurezza degli automobilisti della zona. Tuttavia, date le voci insistenti delle pessime condizioni in cui i cavalli versano, e data l’intenzione di affidare gli esemplari ad allevatori che ne possono trarre profitto, i conti non tornano troppo. Le associazioni di animalisti chiedono che vengano rimessi al più presto in libertà.
Valerio Vassallo, responsabile dell’associazione Meta – Biella, ha dichiarato a Repubblica: “Abbiamo mandato una diffida all’amministrazione comunale e siamo pronti a denunciare il sindaco per peculato, se i cavalli venissero dati a un allevatore privato- prosegue vassallo- in questo modo, infatti, si garantirebbe un profitto all’allevatore, che sarebbe vincolato a non vendere i sette cavalli, ma non avrebbe alcun divieto per i figli. E alcune cavalle sono già incinte. La richiesta, dunque, è che i cavalli vengano subito riportati nel loro ambiente naturale, sulle alture di Borzonasca”.
E dall’Ansa gli fa eco la sezione di Parma di Meta: “Ci domandiamo come le autorità possano accettare che i cavalli si trovino in queste condizioni e che una giumenta gravida, che abbiamo chiamato Sole, cieca da un occhio, possa essere trasportata su un camion all’ammasso tra un calcio e l’altro dei suoi compagni di sventura. C’è bisogno di tutti coloro che hanno a cuore i cavalli e la loro libertà”.
Quella libertà che tutti noi auspichiamo, di cui probabilmente non conosciamo neanche il significato profondo, e di cui è difficile fare esperienza. I cavalli allo stato brado la conoscono, e noi, ancora una volta, gliela sottraiamo.