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Crisi climatica, la prima città olandese che vieterà la pubblicità sulla carne

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L’allevamento intensivo concorre pesantemente al cambiamento climatico. E la città di Haarlem ha deciso che non vuole più sponsorizzarlo

pubblicità carne vietata ad Haarlem
Pubblicità carne (Foto Adobe)

È già stato fatto in passato. Su leggi nazionali o direttive europee. La pubblicità o sponsorizzazione di prodotti dannosi per la salute eliminata in breve tempo dai canali di comunicazione. Le sigarette, il tabacco in generale, gli alcolici. Spariti in un solo colpo la bionda donna con la Moretti in mano e la rossa Marlboro sulle piste della Formula 1. I motivi alla base di questa scelta dall’alto sono collegati al potere che le pubblicità hanno di influenzare non solo gli acquisti, ma dei costumi in gerale. Quindi se non si vuole incentivare un comportamento, lo si rende meno visibile. Ed è ciò che ha deciso di fare la città di Haarlem, in Olanda, non lontana da Amsterdam. La piccola città dei Paesi Bassi ha steso una lista di prodotti che contribuiscono alla crisi climatica. E la carne è risultata piuttosto in cima.

La prima città al mondo a portare avanti questo divieto non è stata lontana da critiche. Tacciata di voler minare la libertà di scelta dei consumatori, l’amministrazione comunale ha semplicemente risposto che non sta affatto vietando il consumo di carne o entrando nel merito “di ciò che le persone cucinano o arrostiscono nella loro cucina. Se le persone vogliono continuare a mangiare carne non glielo impediremo, ma non possiamo dirgli che c’è una crisi climatica e, allo stesso tempo, incoraggiarle a comprare prodotti che fanno parte delle cause di questa stessa crisi”.

Come la carne contribuisce alla crisi climatica

Pubblicità carne (Foto Adobe)

Ed a quanto pare la coerenza, soprattutto se esce dagli schemi comportamentali conformisti, viene subito connotata di valori negativi come integralismo o autoritarismo. Lasciare libera scelta non significa in coscienza non mettere in guardia su cosa sta accadendo. Discorso diverso sarebbe stato se la città avesse eliminato la carne dai punti vendita. Ciò che ha fatto, anzi, che si propone di fare dal 2024, è di vietare la pubblicità della carne sui mezzi pubblici, sulle pensiline o sugli schermi degli spazi pubblici della città. O melgio, dei prodotti alimentari a base di carne. Ed è superfluo sottolineare che le proteste più infuocate sono arrivare proprio dalle aziende produttrici di carne e di prodotti bovini.

Questa iniziativa di Haarlem si pone all’interno di un programma nazionale di riduzione del consumo di carne e di allevamento del bestiame, con un taglio programmato di un terzo entro il 2030. Secondo uno studio ormai celebre della FAO, nonchè ampiamente ostracizzato, le emissioni di gas serra su scala mondiale dovute agli allevamenti di bestiame sarebbero pari a circa 7,1 gigatonnellate all’anno, pari a circa il 14,5% di tutte le emissioni di CO2 dovute agli esseri umani.

Ed a queste cifre, che si rivolgono alla sola sussistenza in vita del bestiame, si deve aggiungere l’utilizzzo di fertilizzanti per il cibo degli animali, e l’enorme consumo di suolo che da esso deriva. Se poi si andasse a spulciare l’intera filiera, le emissioni conteggiate sarebbero di gran lunga migliori. Utile o meno, se Haarlem ha sentito in coscienza di portare avanti questa iniziativa non c’è nulla di male. Soprattutto perché non nuoce a nessuno – semmai il contrario – ad eccezione delle multinazionale di produzione del settore carni. E da qui tirare le somme è molto semplice.

Giulia Borraccino

Sono nata e cresciuta a Roma. Laureata in Comunicazione con specializzazione in semiotica testuale, nel tempo mi sono appassionata all'approfondimento dei temi ambientalisti ed al giornalismo d'inchiesta. Amo l'arte in tutte le sue sfaccettature.

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