Sono passati nove anni da quando si è verificata una collisione aerea durante un’esercitazione operativa sull’Appennino marchigiano, vicino ad Ascoli Piceno.
Il 19 agosto 2014, due cacciabombardieri Panavia Tornado del 6º Stormo dell’Aeronautica Militare italiana entrarono in collisione durante un’esercitazione operativa che avveniva nella zona di Ascoli Piceno: i componenti degli equipaggi dei velivoli morirono a causa dell’impatto. Una vicenda che recentemente è tornata di stretta attualità, dopo il boom sonico che la popolazione ha scambiato per un terremoto, avvenuto in una vasta zona del Sud delle Marche. Fu quello avvenuto nei pressi di Ascoli Piceno il primo incidente di questo tipo in Italia.
Secondo la ricostruzione fatta dalle varie inchieste, con il processo penale che peraltro è tuttora in corso, i due velivoli stavano partecipando a un’esercitazione di bombardamento in volo a bassa quota, e si sono scontrati a un’altitudine di circa 1000 piedi su una zona collinare boschiva. A causa dell’incidente, esplose il carburante e i velivoli si disintegrarono, spargendo nell’area una quantità non stimabile di detriti.
Bastano soltanto questi due elementi per capire quanto importante e sottovalutato sia stato il danno ambientale provocato da questo incidente nell’area collinare e montuosa attorno ad Ascoli Piceno e precisamente nelle vicinanze del centro abitato di Mozzano. Stando a quello che all’epoca riportarono le cronache locali, l’incidente ha causato la caduta di frammenti e detriti incendiari che si sono diffusi su un’area boschiva per diversi chilometri. Ciò avrebbe innescato 5 focolai di incendio nella zona, che è particolarmente rigogliosa per quanto concerne la vegetazione di tipo mediterraneo.
Lo scontro e il successivo incendio ebbero molti testimoni oculari, anche a diverse decine di chilometri di distanza: quel giorno, c’è chi vide i due jet volare pericolosamente in basso e poi una grossa palla di fuoco, testimoniata anche dai video finiti in Rete. Sin da subito, si ipotizzò la possibilità che venisse aperto un fascicolo di inchiesta per disastro colposo.
Solo in anni più recenti, l’inchiesta che in un primo momento si era conclusa con un’archiviazione portò all’iscrizione nel registro degli indagati di due ufficiali responsabili della pianificazione dell’esercitazione. Erano Bruno Di Tora, 47enne originario di Caserta, e Fabio Saccottelli, 43 anni di Verbania, due militari che in quella esercitazione avevano importanti responsabilità. Sono finiti sotto inchiesta e poi rinviati a giudizio per omicidio colposo e disastro aviatorio colposo.
Quattro le vittime di quello schianto tremendo, in cui trovò la morte anche Mariangela Valentini, l’unica donna tra i piloti dello scontro. Una grave tragedia, quella della collisione aerea di Ascoli Piceno, sia per la perdita di vite umane, che per l’impatto ambientale. Tragedia che però è rapidamente caduta nel dimenticatoio: solo la tenacia dei familiari delle vittime, in questi anni, ha consentito di riaprire le indagini. Emersero carenze di pianificazione e organizzazione dell’esercitazione, e furono formulate ipotesi di reato, fino appunto ad arrivare al rinvio a giudizio per i due militari che erano a capo della missione.
Inoltre, dall’inchiesta è emerso che uno dei velivoli aveva avuto un’avaria all’apparato MIDS/Tacan poco dopo il decollo e dovette abbassare la quota di volo. A causa dell’insufficiente supporto fornito dal centro di controllo a terra, si sarebbe creato un concreto pericolo. Il processo è aperto, così come la ferita per quella zona d’Italia, l’unica che pare non aver mai dimenticato quanto avvenuto.
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