Se la pandemia Covid ha rallentato il flusso dei turisti nel nostro Paese, i cambiamenti climatici non sono da meno: ecco come il clima sta influenzando il turismo in Italia negli ultimi anni.
L’emergenza climatica nel mondo è sempre più, appunto, un’emergenza. A dimostrarlo sono le elevate temperature registrate quest’estate, in cui è chiaro che siamo di fronte ad un surriscaldamento globale da cui è difficile tornare indietro. Il rischio maggiore è di andare incontro a sempre meno precipitazioni, con la conseguenza di aumentare il livello di siccità.
In quest’ottica, anche la biodiversità sta subendo sempre più contraccolpi, rischiando così una sua perdita nel lungo tempo. Se per biodiversità si intendono le differenti specie viventi e i diversi ecosistemi, la specie umana non è di certo esclusa. In maniera diretta o indiretta, i cambiamenti climatici influenzano non solo le nostre abitudini e attitudini, ma anche la nostra stessa specie.
Proprio per salvaguardare gli ecosistemi e tutelare la biodiversità negli ultimi anni sono molte le iniziative di sensibilizzazione alla sostenibilità. Uno dei settori più toccati è il turismo, dove l’ecoturismo spinge sempre di più a proteggere l’ambiente attraverso viaggi nel segno della consapevolezza e responsabilità. Ma quando è l’ambiente ad influenzare il turismo? In questo caso la minaccia potrebbe essere più seria di ciò che pensiamo.
Quando si parla di turismo non si fa riferimento solo alle esperienze culturali o territoriali, ma anche a questioni puramente economiche. Come riportato dai dati Istat, il turismo influisce sul Pil italiano con una percentuale del 5 %, arrivando in maniera indiretta al 13 % dello stesso con il 15 % degli occupati nel settore.
Dunque il turismo in Italia rappresenta uno dei settori trainanti dell’economia del Paese con un valore di 100 miliardi di euro. Cifre che però devono essere considerate in vista delle variabili degli ultimi anni, come la pandemia Covid-19 e il cambiamento climatico. Se la prima ha rallentato il flusso dei turisti per il lockdown e le varie regolamentazioni anti-Coronavirus, i secondi sono allo stesso modo da considerarsi un ostacolo.
Sempre secondo i dati Istat riferiti ai primi nove mesi dello scorso anno, il settore turistico dopo la batosta dell’epidemia Covid ha subito una grande ripresa. Eppure i turisti nelle strutture ricettive sono almeno del 10 % in meno rispetto agli standard pre-pandemia.
Se gli esercizi extra-alberghieri hanno registrato numeri di presenze molto vicine a quelli del 2019, 136 milioni contro i 139 di quattro anni fa, le strutture alberghiere hanno una carenza di circa 35 milioni di clienti.
Maggiormente i turisti hanno preferito i soggiorni brevi, con pernottamenti di pochi giorni che vedono aumentare la percentuale del 46 % rispetto al 2021. Dati che definiscono quanto il turismo in Italia sia davvero una colonna portante del nostro Paese.
Se da un lato il recupero di turisti è accresciuto dopo la pandemia, dall’altro i cambiamenti climatici potrebbero ostacolare nei prossimi mesi il progresso raggiunto finora. Di seguito, vediamo in che modo i cambiamenti del clima possono influenzare il turismo nel nostro Paese.
Se consideriamo che la temperatura globale media registrata da gennaio 2023 è di 1,40 °C superiore rispetto al periodo pre-industriale, con una media di 0,52 °C in più a quella dell’epoca attuale, l’aumento delle temperature non può che farci prospettare uno scenario sempre più preoccupante.
Nello specifico, l’area del Mediterraneo è risultata essere sotto l’occhio del ciclone per l’innalzamento delle temperature ben oltre il ritmo medio globale.
Di recente l’Agenzia Europea per l’Ambiente (Eea) ha evidenziato come nei prossimi anni si rischia di avere nel Continente, e nello specifico nell’Europa meridionale, ondate di calore ancora più intense di quelle raggiunte questo anno.
Gli stessi valori della siccità potrebbero causare delle perdite stimate intorno ai 25 miliardi nei casi di un aumento della temperatura a 1,5 °C, di 31 miliardi se il riscaldamento globale arriva a 2°C mentre se si sale ancora in un grado, a 3°C la perdita potrebbe essere di 45 miliardi.
Ciò influisce anche sul turismo europeo e in particolare quello italiano, dove l’innalzamento della colonnina del mercurio potrebbe far scattare il bollino rosso sempre più spesso, rallentando il flusso di turisti nei mesi estivi.
Già durante questa estate 2023 sono stati molti i media europei ed esteri che hanno lanciato l’allarme per le temperature bollenti in Italia, scoraggiando così i viaggiatori intenzionati a visitare il nostro Paese. Ma il problema dei cambiamenti climatici non riguarda solo i periodi più caldi, anche i periodi invernali non sono da sottovalutare.
Il surriscaldamento globale comporta anche un’altra emergenza, ovvero quella dello scioglimento dei ghiacciai. Più elevate sono le temperature, più si corre il rischio che la neve invernale rimanga un lontano ricordo. In questo senso la famosa “settimana bianca”, ovvero la vacanza invernale adibita allo sci e ai vari sport dei mesi più freddi dell’anno, non soltanto potrebbe non durare una settimana ma potrebbe proprio non esserci.
Infatti le stazioni sciistiche italiane, come quelle in Trentino Alto Adige o in Friuli Venezia Giulia per fare un esempio, corrono il pericolo di rimanere chiuse se la temperatura aumenta anche solo di un grado.
Piemonte e Lombardia sono le altre regioni adibite agli sport invernali che potrebbero ugualmente risentirne in maniera del tutto definitiva con una chiusura non solo momentanea.
In questo caso basta che il livello dell’altitudine sia più bassa del consentito, sia in termini di neve naturale che quella artificiale, per non permettere la loro riapertura. Un danno dunque a livello climatico, economico e culturale, allontanando così il turismo sia locale che estero.
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