L’aria condizionata oggi ci consente di sopravvivere al caldo torrido dei periodi estivi sempre più estremi: ma una volta come si combatteva la calura estiva?
Il caldo estremo derivante dai cambiamenti climatici ha flagellato l‘intero Pianeta negli ultimi anni e la siccità incombe in alternanza a violente precipitazioni che non vengono drenate dai terreni aridi e causano allagamenti e danni alle coltivazioni. La situazione perdura e le strategie per evitare di soccombere si avvalgono di tutte le tecnologie all’avanguardia. Spesso però c’è il rovescio della medaglia, l’aumento spropositato dei consumi elettrici causato dall’uso considerevole delle macchine di raffrescamento. In ogni edificio, casa e attività commerciale si accendono i condizionatori per rendere abitabili gli ambienti, proteggere la merce deperibile e lavorare in modo produttivo.
La bioarchitettura studia anche metodi alternativi che possano ridurre i consumi elettrici nell’azione di raffrescamento degli ambienti. I condizionatori sono ad oggi la soluzione più utilizzata per combattere il caldo afoso e sono decisamente la più efficace, ma non la più sostenibile. Consumano troppa energia e contribuiscono a riscaldare l’aria, aumentando di fatto il calore nelle città. Un gatto che si morde la coda insomma, più fa caldo, più si accendono i condizionatori che buttano aria calda, più aumenta la temperatura esterna. In realtà è possibile che la moderna architettura possa fare riferimento a quella della tradizione attingendo a nozioni antiche per progetti contemporanei di isolamento termico a impatto zero.
L’ingegno dell’uomo è sempre riuscito a trovare modi e sistemi per migliorare la propria esistenza, anche quando non esisteva la tecnologia e il progresso scientifico. Nell’antica Persia per esempio avevano ideato le cosiddette Torri del vento, le bagdir, progettate per convogliare l’aria fresca notturna all’interno delle abitazione e contemporaneamente aspirare quella calda diurna. Installate sui tetti erano abbinate a vasche d’acqua che umidificavano e raffrescavano gli ambienti interni. Altro paese, altro sistema: in Palestina appendevano al centro degli ambienti contenitori di terracotta con acqua, gli jarrah, gli antenati dei deumidificatori.
L’innovazione dunque attinge alle tecniche del passato e sviluppa pannelli di terracotta porosa dove versare acqua che, evaporando, assorbe il calore, a impatto zero. Si chiama Nave ed è l’evoluzione degli jarrah palestinesi, creata da una designer israeliana Yael Issacharov, una soluzione green convincente tanto da essere mutuata anche nelle stazioni delle metropolitane. L’acqua è l’elemento in comune a molti dei sistemi di raffrescamento del passato, ma anche la stessa frescura derivante dai terreni, tipica degli ambienti delle cantine, risulta vincente. Persino i Romani sfruttarono tale accorgimento per rinfrescare le case, creando corridoi sotterranei ad hoc. In Sicilia, con lo stesso principio, le ville nobiliari venivano dotate di grotte scavate nella roccia sottostante, per realizzare ambienti freschi dove scappare dalla calura, e venivano allestiti sistemi di areazione naturale con aperture e vasche di acqua.
Un metodo molto semplice da usare come protezione dal caldo è quello di utilizzare il colore bianco per dipingere i tetti delle case. La Grecia intera ne è un esempio, ma anche molte isole italiane come le Eolie presentano la stessa impronta architettonica. Il bianco abbassa naturalmente la temperatura interna, con un’efficace e significativa riduzione dell’entrata di calore negli ambienti, un blocco essenziale dei raggi solari. Un accorgimento da sfruttare anche nelle grandi città, nell’ottica di combattere il riscaldamento globale e contemporaneamente ridurre i consumi energetici.
Produzione della birra, come funziona e come mai gli scarti non vanno gettati via, scopri…
Sorge nella Capitale di uno dei Paesi più ipnotici al mondo il primo grattacielo completamente…
Prezzo gasolio, le possibilità di variazioni in vista della stagione invernale. La speranza di spendere…