Dal 1 gennaio 2011, le buste di plastica sarebbero dovute andare in pensione, sostituite da sacchi biodegradabili o altri strumenti di “trasporto” delle merci acquistate nei supermercati o nei negozi. Ma è davvero così? O le buste di plastica inquinante, piuttosto, continuano ad essere presenti alle casse degli ipermercati, dove vengono utilizzate fino ad esaurimento delle (laute) scorte presenti nei magazzini?
A porsi la domanda non è solo il nostro blog, tanto che l’esigenza di sensibilizzare maggiormente gli operatori e le associazioni della categoria al fine di evitare il prolungamento dell’uso delle buste di plastica è saltata sulla scrivania di ben più di qualche assessore.
D’altro canto, occorre tuttavia ricordare che alcune tra le principali catene di supermercati sono in prima linea nella corretta gestione di questo passaggio al biodegradabile, offrendo alla propria clientela sacchi di cotone o di plastica organica.
Altro elemento che alimenterà le discussioni nel corso dei prossimi giorni è infine legato al costo dei sacchetti riutilizzabili, che sarebbe particolarmente salato per le tasche dei consumatori italiani.
Insomma, le buste di plastica continuano a far parlare di loro.
Sacchetti di plastica: la nuova proposta è di certificarli
È dell’Istituto per la promozione delle plastiche da Riciclo che arriva la nuova proposta alla guerra contro le buste di plastica: la realtà milanese, infatti, mira con il suo operato a dare visibilità alle aziende che lavorano e producono grazie alle plastiche da riciclo. Esiste infatti un marchio che le racchiude: il suo nome è “Plastica seconda vita”, e riguarda un sistema di certificazione ambientale che garantisce che il prodotto che si ha in mano (anche nel caso di sacchetti di plastica, quelli che erano comunemente utilizzati per la spesa) sia effettivamente derivato dal riciclaggio della plastica.
In seguito al decreto del 2003 che obbligava i Comuni italiani a uniformarsi a criteri ambientali ben definiti è stato realizzato, appunto, il marchio “Plastica seconda vita”: se infatti le amministrazioni locali devono appurare che almeno un terzo dei propri beni provenga dal riutilizzo della spazzatura organizzata tramite la raccolta differenziata, ecco l’utilità di un marchio che ne possa garantire effettivamente la qualità e la provenienza. Nato appunto dall’esigenza delle amministrazioni locali, ora sono anche le aziende che ne vedono una vera e propria opportunità di business, dato che chi riesce ad ottenerlo è da considerare fornitore favorito dello Stato.
“Plastica seconda vita” è il primo marchio in Europa che si occupa di garantire i consumatori sulla provenienza del materiale plastico, una vera innovazione nel settore che potrebbe contribuire a diminuire l’inquinamento ambientale e a migliorare la gestione dei rifiuti.
La guerra alle buste di plastica, nel frattempo, prosegue: Legambiente, infatti, vorrebbe eliminarle da tutta Europa e, dato il forte impatto ambientale che hanno, non si può che essere d’accordo. L’idea però di riciclare quelle in uso e crearne dei prodotti certificati è un’ulteriore proposta di sviluppo sostenibile da prendere in seria considerazione.
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