Coopi è un’organizzazione non governativa che ha come obiettivo quello di promuovere uno sviluppo sostenibile. Per Coopi infatti lo sviluppo socio-economico è imprescindibile dalla sostenibilità ambientale. Gli interventi di Coopi in vari Stati del pianeta presentano un approccio multisettoriale: vanno dall’agricoltura all’allevamento, dalla gestione dell’acqua potabile a quella del ciclo dei rifiuti, dall’utilizzo dell’energia rinnovabile alla costruzione di servizi igienico-sanitari, dalla protezione delle risorse forestali alla pesca. Nei progetti non manca mai l’attenzione all’impatto ambientale e alla conservazione delle risorse naturali.
Inoltre, negli ultimi dieci anni, in concomitanza con l’intensificarsi dei disastri di origine naturale, Coopi ha sviluppato una grande esperienza nella riduzione dei rischi. Ci riferiamo alle alluvioni, alla siccità, ai cicloni, che molto spesso colpiscono Paesi che già si trovano ad affrontare difficoltà a causa della povertà economica e dell’instabilità politica.
Coopi assiste le popolazioni colpite da diversi tipi di disastri, ma soprattutto agisce per prepararle ad affrontare l’emergenza, che molto spesso è prevedibile.
Da tempo Coopi sta intervenendo nell’area del Gran Chaco in Sud America, portando avanti progetti che riguardano, oltre all’agricoltura e all’allevamento, anche la gestione dell’acqua, la protezione dei diritti dei popoli indigeni e la preparazione delle comunità autoctone al rischio disastri.
L’intervento di Coopi nel Chaco
Il Gran Chaco è una delle regioni del Sud America che si trova tra il fiume Paraguay e l’altopiano andino. L’area geografica in questione comprende anche una parte dei territori del Paraguay, oltre a Brasile, Bolivia e Argentina.
Si tratta di una regione non molto adatta ad ospitare insediamenti di popolazione, a causa del clima, che risulta in parte umido e in parte arido (basti pensare che la temperatura può raggiungere anche i 45 gradi). Solo una parte del Chaco, quella più a sud, viene considerata adatta alle attività di agricoltura.
La regione del Chaco comprende il Pantanal del Brasile, la palude più estesa al mondo, la pampa dell’Argentina, le montagne delle Ande e la giungla semitropicale del Paraguay orientale.
Grazie alla sua particolare conformazione geografica, il Gran Chaco presenta un ecosistema unico nel suo genere, che si trova però a rischio, a causa di una colonizzazione che non è avvenuta in modo responsabile.
Il Chaco paraguayano è infatti interessato da alcuni problemi di speculazione e di siccità, che stanno mettendo a rischio la foresta vergine. Ricordiamo che nel Gran Chaco il tasso di deforestazione è pari a 769 ettari al giorno.
Gli speculatori stranieri e i grandi proprietari terrieri acquistano a prezzi vantaggiosi le estensioni di selva vergine, approfittando di una mancanza di tutela legislativa della conservazione ambientale.
Le popolazioni indigene sono sempre più assediate dai problemi ambientali e dall’opera dei latifondisti. Gli indigeni, che dovrebbero essere circa 45.000 nell’area del Paraguay, appartengono a 13 diversi gruppi etnici e si basano in prevalenza su culture matrilineari.
Esiste un’opera di vero e proprio sfruttamento degli indigeni, che sono sottoposti a lavori pesanti nelle fattorie dei latifondisti ed a paghe molto basse. L’opera di colonizzazione sregolata diventa ancora più evidente se si considera che la paga media mensile di un lavoratore è di 500.000 guaraníes, che corrispondono a circa 80 euro, nonostante il Governo stabilisca un salario minimo di 250 euro.
E gli 80 euro non sempre sono garantiti, considerando che spesso i latifondisti preferiscono pagare i lavoratori con cibo o con delle cianfrusaglie.
Il territorio del Chaco paraguayano è messo a rischio anche dall’avanzamento della siccità e dall’inquinamento, che va ad intaccare un ecosistema già compromesso. E’ stata aperta ad esempio una nuova rotta fino al confine con la Bolivia che permette il passaggio dei camion usati per il trasporto di prodotti agricoli dal Brasile.
Le aree boschive vengono trasformate in praterie per l’allevamento di bovini, la cui carne è destinata al mercato internazionale e i dati della deforestazione sono veramente allarmanti.
A tutto questo si deve aggiungere la pratica eccessiva e senza regole di caccia, che spinge gli animali a raggiungere aree più lontane, causando quindi una mancanza di cibo per gli indigeni. E, come se non bastasse, l’area deve fare i conti con una siccità di vaste proporzioni, che causa l’esaurimento delle riserve d’acqua, il peggioramento delle condizioni sanitarie, la nascita di malattie intestinali e l’enorme povertà.
Proprio per questo Coopi sta cercando di intervenire, aiutando anche le popolazioni locali. L’associazione ha portato avanti diversi interventi per costruire sistemi di approvvigionamento dell’acqua e per garantire condizioni sanitarie migliori.
L’obiettivo è quello di prestare molta attenzione alla sostenibilità delle infrastrutture realizzate, creando nuove cisterne, scavando nuovi pozzi, creando un centro di stoccaggio dell’acqua, davvero utile in casi di emergenza.
L’opera di Coopi continua anche con un’attività di formazione per la popolazione locale, per quanto riguarda le tematiche igieniche e sanitarie, in modo da evitare l’insorgere di malattie che derivano dall’utilizzo di acqua contaminata.
In questo modo si realizzano degli interventi di sviluppo multisettoriale, che vanno dalle attività di formazione rivolte agli indigeni del Paraguay fino alla difesa delle popolazioni del luogo.
Per Coopi la preparazione dei cittadini affinché conoscano il rischio dei disastri e le strategie per ridurre i danni si allarga fino a raggiungere la difesa della cultura ancestrale dei popoli indigeni e la creazione di nuove possibilità di occupazione per i giovani.
Orti comunitari per gli indigeni del Paraguay
Coopi interviene anche per quel che riguarda la sicurezza alimentare a vantaggio degli indigeni del Paraguay. Il tutto è stato svolto nell’ambito del Consorzio Chaco Rapére, di cui Coopi fa parte.
In particolare si è cercato di promuovere la creazione di orti comunitari presso le comunità locali. In questi appezzamenti di terreno si coltivano soprattutto verdure, piante aromatiche ed erbe medicinali.
Gli orti sotto gli alberi sono perfetti, perché garantiscono delle condizioni ottimali per la nascita della vegetazione. Con gli alberi si crea un microclima fresco, inoltre è presente il residuo organico degli alberi stessi. E non viene predisposto un sistema di recinzione, sostituito da rami o piante.
Per contrastare i parassiti e le malattie della vegetazione si utilizzano tecniche biologiche. Tutto ciò permette di accedere al cibo in periodi di siccità e di assicurare prodotti di qualità.
L’obiettivo di questo progetto è anche quello di promuovere l’autogestione delle cerchie parentali. L’occasione data alle popolazioni del luogo, infatti, si può ampiamente diffondere nelle varie famiglie della comunità e questo rappresenta anche un rafforzamento dei legami sociali all’interno della comunità stessa.
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