Sui coralli si praticamente tutto. Eppure, grazie a un nuovo e incredibile studio, tutti i dati conosciuti potrebbero cambiare
I coralli sono organismi marini che appartengono alla classe degli antozoi. Sono animali sessili e coloniali, il che significa che vivono attaccati al substrato e formano colonie composte da molti individui. I coralli producono un esoscheletro calcareo che li protegge e li sostiene, creando così le famose barriere coralline. Queste strutture sono di grande importanza ecologica, poiché forniscono habitat e protezione per numerosi organismi marini, contribuiscono alla protezione delle coste e alla formazione delle spiagge, e sono fonte di biodiversità e risorse per l’uomo.
I coralli si formano grazie a due processi chimici principali: la fotosintesi e la calcificazione. La fotosintesi assorbe il CO2, mentre la calcificazione preleva l’idrogeno carbonato dall’acqua, cattura una piccola quantità di carbonio nei coralli e rilascia il resto, producendo CO2. Secondo le rilevazioni, l’emissione di CO2 da parte dei coralli dovuta alla fotosintesi e alla calcificazione supera quella che essi riescono a sequestrare. Tuttavia, di solito questo non ha un impatto sostanziale sui livelli di CO2 in atmosfera.
Cosa svelano gli ultimi studi sui coralli
Fino a oggi, si riteneva che i coralli avessero solo la capacità di emettere anidride carbonica, ma una ricerca pubblicata su Frontiers in Marine Science sta ora mettendo in dubbio questa convinzione. Questo studio dimostra che i coralli presenti nel golfo di Aqaba, situato nell’estremo settentrionale del Mar Rosso, sono in grado di assorbire la CO2. La presenza della sabbia del deserto che circonda il golfo di Aqaba sembra influire positivamente sulla fotosintesi dei coralli e dei loro organismi simbionti, gli zooflagellati.
Questo processo, non previsto in precedenza, assorbe una quantità significativa di CO2, potenziando la capacità di sequestro di queste barriere coralline. In un anno, i coralli del golfo di Aqaba sono in grado di sequestrare il doppio della quantità di CO2 rispetto alle acque circostanti, bilanciando così le emissioni di un piccolo Paese. Questo risultato, dimostrato da uno studio pubblicato su Frontiers in Marine Science, mette in discussione la convinzione che i coralli siano solo emettitori di anidride carbonica.
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In un clima secco come quello del Mar Rosso, la barriera corallina è nota per la sua resistenza alle temperature che sarebbero fatali per altri coralli, causandone lo sbiancamento e la morte. Secondo Hamish McGowan, che ha coordinato la ricerca, la sabbia svolge un ruolo importante come protezione dai colpi di calore, ma c’è anche un altro fattore unico a quel luogo che non può essere replicato altrove: “In questo ambiente molto arido, l’aria secca che soffia dal deserto fa evaporare ogni anno tre metri di mare, che viene alimentato dall’acqua degli Stretti di Tiran“, spiega McGowan a IFLScience. Questo processo fa sì che la superficie del mare si raffreddi e che la temperatura dell’acqua non raggiunga i livelli estremi che si trovano in altre barriere coralline situate in aree umide, dove l’evaporazione è minore e la temperatura più elevata. Per comprendere meglio l’effetto della sabbia del deserto sullo scambio di CO2 tra aria e mare, il passo successivo sarà condurre ulteriori ricerche in diverse località del globo, iniziando dalle barriere coralline della costa di Ningaloo in Australia.