Quanti siamo sul pianeta? Di certo siamo più di 100 anni fa ed è per questo che un esperto preannuncia quella che ha definito una correzione demografica di massa. Qualcosa su cui potremmo non aver modo di agire
I cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro pianeta ormai da molti anni sono il frutto delle attività umane. Attività umane che ovviamente comprendono tutto ciò che, come singoli, facciamo per vivere, sopravvivere, moltiplicarci. Ed è chiaro che ogni essere umano consuma una certa quantità di risorse. È per questo che per esempio le associazioni ambientaliste ogni anno calcolano quello che viene definito Overshoot Day ovvero il giorno in cui abbiamo ufficialmente terminato le risorse che il pianeta Terra ha da offrire per l’anno e stiamo cominciando a consumare a debito quello che in teoria avremmo dovuto usare l’anno successivo.
Grazie all’evoluzione, portata dalla prima e dalla seconda rivoluzione industriale, siamo arrivati ben oltre i 7 miliardi nel giro di poco e ora siamo lanciati verso la traiettoria che dovrebbe portarci a sfiorare i 10 miliardi. Probabilmente non ci arriveremo mai ma, secondo la teoria di un esperto dell’università della British Colombia, non ci arriveremo perché la Terra ci fermerà prima.
Immaginando di essere come pulci che vivono sulle spalle di un altro essere vivente possiamo immaginare la correzione demografica di massa descritta dall’esperto William Rees della università della British Colombia come una enorme e gigantesca scrollata di spalle che il pianeta Terra farà per liberarsi di ciò che c’è in eccesso: in questo caso noi. Il professor Rees, ecologista della popolazione, ipotizza infatti che dato l’andamento demografico globale siamo lanciati verso un ciclo “boom bust” ovvero di esplosione e poi di riduzione drastica.
Si tratta di una espressione che di solito viene utilizzata in economia per indicare proprio l’andamento ciclico che porta alla crescita e poi alla decrescita. Ma in questo caso a decrescere, e in modi che potrebbero non piacerci, sarà proprio il numero degli abitanti del pianeta. Dobbiamo però forse aspettarci qualcosa di simile ai film catastrofici che ci hanno abituato a immaginare la fine della civiltà come la conosciamo adesso? Nonostante le previsioni del professor Rees siano piuttosto tetre riguardo il futuro dell’umanità, sul fatto che rischiamo di estinguerci in massa e all’improvviso non è d’accordo. Secondo il professore infatti è “molto improbabile” che gli esseri umani si estinguano sparendo in blocco ma ciò nonostante dobbiamo aspettarci una riduzione della popolazione piuttosto importante.
Particolarmente illuminante nel paper del professor Rees è quando viene esaminata l’evoluzione della nostra specie. Una evoluzione che ha provocato un fortissimo stress al pianeta che non ha risorse illimitate, a differenza di quello che qualcuno potrebbe pensare: “l’homo sapiens si è evoluto per riprodursi in maniera esponenziale, espandersi geograficamente e consumare tutte le risorse a sua disposizione” ma questi cambiamenti, riflette il professor Rees, hanno portato “a un feedback negativo“. Il feedback negativo sono ovviamente i cambiamenti climatici, il clima che definiamo impazzito, la crisi idrica che stiamo iniziando a vedere. Non faremo la fine dei dinosauri spariti in un lampo con un meteorite ma forse la prospettiva di doverci invece spegnere lentamente perché non ci siamo saputi regolare e abbiamo sostanzialmente peccato di quella che i greci chiamavano hubris è ancora più tetra.
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