Tantissime persone utilizzano l’aspartame per dolcificare cibi e bevande: l’obiettivo è quello di edulcorare gli alimenti senza aggiungere calorie in eccesso. Non a caso, è utilizzato quasi esclusivamente da chi vuole dimagrire o da chi desidera mantenere sotto controllo il proprio peso. Tuttavia l’aspartame è spesso accusato di non essere così innocuo come si vorrebbe: di sicuro non fa ingrassare, ma in compenso potrebbe avere delle ripercussioni non positive sull’organismo, almeno in base ad alcuni studi che sono stati fatti al riguardo.
Come è composto e dove si trova
Meglio conosciuto con i nomi dei vari dolcificanti in commercio, l’aspartame è una combinazione chimica che comprende felinalanina per il 50%, il 40% di acido aspartico e il 10% di metanolo. Anche quando non lo usiamo come dolcificante, è facile trovarlo in molti alimenti come caramelle, gomme, integratori e prodotti farmaceutici, o ancora in molte bevande, soprattutto quelle ‘light’.
È stato scoperto nel 1965 da uno scienziato che stava studiando dei farmaci contro l’ulcera, e ha cominciato ad essere utilizzato per dolcificare senza troppo apporto calorico i cibi negli anni ’80.
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Teorie sugli effetti negativi dell’aspartame
Ognuno dei tre ingredienti sopra citati dell’aspartame è accusato di essere nocivo per una lunga lista di effetti collaterali. Ad esempio, livelli alti di felinalanina sono particolarmente pericolosi per i neonati e i feti, per cui le donne incinte dovrebbero stare molto attente a usare aspartame. Inoltre, livelli eccessivi di felinalanina portano alla diminuzione di livelli di serotonina, quindi a disturbi emotivi come la depressione. O ancora, l’acido aspartico è considerato un’eccitotossina, dunque va ad iperstimolare dei neuroni portandoli alla morte. L’acido aspartico, ancora, può causare degli squilibri di aminoacidi nel corpo, portando il cervello a modificare i propri meccanismi neurotrasmettitori. Ma il più pericoloso fra tutti è il metanolo che è una pericolosa neurotossina, notoriamente cancerogena, che provoca danni alle retine, interferisce con i processi del DNA e può causare problemi ai feti. I limiti consentiti di metanolo al giorno viaggiano sui 7.8 mg, tuttavia un litro di bevanda dolcificata di aspartame ne può contenere fino a 50 mg.
Tra i rischi che corrono i forti consumatori di aspartame vi sono vertigini, mal di testa, depressione, intorpidimento, spasmi muscolari, eruzioni cutanee, affaticamento, problemi alla vista, insonnia, problemi all’udito, palpitazioni, difficoltà respiratorie, attacchi d’ansia e dolori articolari.
Inoltre alcune malattie preesistenti possono essere peggiorate dall’assunzione di aspartame, come la stanchezza cronica, i tumori cerebrali, l’epilessia, il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e il diabete.
Secondo il Dottor Elsas, Professore di Genetica presso la Emory University, ad Atlanta in Georgia, se una donna incinta assume troppa fenilalanina può provocare ritardi mentali del feto. Inoltre potrebbe essere danneggiato il tessuto fetale aumentando i rischi di aborto spontaneo.
Studi che smentiscono le teorie accusatorie
Da anni e anni in commercio, l’aspartame ha di sicuro degli aspetti positivi per essere ancora sulla cresta dell’onda nonostante tante voci screditanti.
Innanzitutto non favorisce la carie, e non aumenta i livelli di zucchero nel sangue. Inoltre è 200 volte più dolce dello zucchero nella stessa quantità, per cui conviene anche economicamente, ed è molto meno calorico. Inoltre, vi sono degli studi che smentiscono le conseguenze negative che dovrebbe avere secondo altre teorie: ad esempio, secondo un editoriale del British Medical Journal, non vi sarebbe alcun collegamento tra assunzione di aspartame e problemi quali depressione, perdita di capelli e ritardo mentale. Inoltre, l’FDA (la Food and Drug Administration) ha il dovere di allertare i consumatori nel caso in cui fossero in pericolo e, a quanto pare, oltre 500 rapporti di studio al riguardo hanno portato alla conclusione che la dose giornaliera ammissibile di aspartame è di 40mg per chilogrammo di peso corporeo. Le eccezioni riguardano le persone affette da fenilchetonuria, ossia la condizione che porta alla presenza di alti tassi di fenilpiruvato nelle urine e di fenilalanina nel sangue.