[galleria id=”1265″]Prima del naufragio della Costa Concordia al largo dell’Isola del Giglio la situazione dal punto di vista dell’impatto ambientale era sicuramente diversa. Anche se non ci sono stati danni per quanto riguarda l’inquinamento del mare per il carburante dell’imbarcazione, restano comunque molti dubbi irrisolti sulla questione, a cominciare dalle conseguenze che il naufragio della nave ha causato per quanto riguarda i fondali marini dell’Isola del Giglio.
A cura di Gianluca Rini
Prima del naufragio le condizioni erano molto diverse, quello che si poteva ammirare al di sotto del livello del mare era un vero e proprio paradiso naturale. Così era definito dai numerosi sub che si immergevano nel luogo per ammirare lo splendore della biodiversità del luogo.
A pochi metri dalla riva si potevano effettuare delle immersioni e raggiungere un luogo magico dal punto di vista della bellezza e della natura. Pesci di diverse specie, tanti colori e il blu intenso del mare hanno dovuto adesso fare i conti con l’affondamento della Costa Concordia.
Dopo il 13 gennaio i sub interessati sono stati privati della possibilità di ammirare quello che viene definito come uno dei paesaggi più suggestivi del luogo e dell’Italia in generale. Il fondale della Gabbianara era ricco di bellezze marine spettacolari, che possiamo ammirare nel video che è stato girato dal regista Stefano Angiolini.
Delle bellezze veramente uniche nel loro genere che non possono fare altro che ricordarci quanto è variegata la natura e quanto dovremmo combattere per fare in modo di preservarla il più possibile, senza contaminazioni di alcun tipo e senza pericoli di alcun genere.
Greenpeace: “Nei fondali ci sono molte posidonie”
Nonostante il clamore dei media sulla notizia della Costa Concordia sia andato lentamente scemando, la situazione è stabile e sempre drammatica. Buone notizie, però, arrivano da Greenpeace: il timore di un forte inquinamento ambientale e di un disastro nelle acque del mare era più che fondato, ma ora l’associazione per l’ambiente ha gli strumenti per dire che i fondali sembrano stare meglio del previsto. Gorgonie, posidonie e spugne, infatti, colorano i fondali del mare dell’Isola del Giglio, dimostrando la presenza di biodiversità nel mare blu.
A quasi due mesi dall’incidente della Costa Concordia Greenpeace ha preparato un rapporto dal titolo “Come sta il mare del Giglio?” dove, tramite il recupero e l’analisi dei fondali, la situazione sembra essere abbastanza buona.
L’allarme circa il rischio di inquinamento del mare, però, non è del tutto cessato: se i dati non sono allarmanti, questo non significa che una contaminazione non possa già essere avvenuta. L’associazione per l’ambiente richiede inoltre un monitoraggio dell’acqua potabile, constatata la presenza di idrocarburi in un campione di acqua del rubinetto in prossimità del porto.
Al via il prelievo del carburante dal relitto
A cura di Gianluca Rini
Dalla nave Costa Concordia è iniziato il prelievo del carburante. Il tutto è stato messo in atto con un giorno di anticipo rispetto a ciò che era stato previsto, visto che le condizioni del mare sono state abbastanza calme. In questo modo si è riusciti a preparare tutte le misure che servono a portare avanti l’operazione in totale sicurezza. Non ci saranno pause in questo pompaggio del carburante, che proseguirà finché le condizioni del mare e del tempo lo consentiranno. Dopo aver svuotato i serbatoi del relitto, la nave sarà rimossa.
Il poter anticipare le operazioni di estrazione del carburante dei serbatoi è stato molto importante, anche perché, fino a pochi giorni fa, il tutto era stato rimandato a causa delle condizioni del tempo che non prometteva nulla di buono e a causa della neve che, in seguito al maltempo in Italia, si era depositata sul litorale dell’Isola del Giglio.
Soltanto con una rapida estrazione del carburante contenuto ancora nei serbatoi del relitto è possibile evitare che ci sia un impatto ambientale forte sull’ambiente marino. L’anticipo delle operazioni è stata una condizione essenziale per evitare di mettere in pericolo la sostenibilità ambientale.
Per il momento il carburante viene estratto ad una velocità di 5 metri cubi l’ora, ma ben presto si dovrebbe arrivare anche 10 metri cubi ogni ora. Si è iniziato da un serbatoio che contiene 400 metri cubi di carburante, il quale potrebbe essere svuotato nel giro di 40 – 45 ore.
Oltre a questo serbatoio, si dovrà procedere allo svolgimento di altri nove cisterne più piccole, per poi passare a quelle delle sale macchine.
L’operazione di estrazione del carburante si sta volgendo attraverso l’impiego di due valvole: attraverso una di esse si estrae carburante e mediante l’altra si immette dell’acqua, in modo da equilibrare il peso e non far affondare la nave. Tutto il carburante che viene estratto viene depositato su una bettolina.
Le fasi per lo smaltimento dei rifiuti
La nave Costa Concordia continua a richiamare l’attenzione su di sé. Il comitato tecnico – scientifico ha stabilito il progetto per gestire al meglio e smaltire i rifiuti che si trovano ancora dentro il relitto. Il piano messo a punto prevede di intervenire su tre ambiti: la raccolta e lo smaltimento del materiale galleggiante e ingombrante, lo smaltimento delle acque nere e l’eliminazione dei prodotti chimici e degli oli. È entrata in fase di operazione la prima parte del piano: tutto il materiale galleggiante sarà caricato sul pontone Marzocco e poi sarà trasportato a Talamone.
Legambiente e le altre associazioni ambientaliste hanno chiesto delle delucidazioni alla Protezione civile per ciò che concerne la seconda e la terza fase del piano per lo smaltimento dei rifiuti della Costa Concordia. La Protezione civile ha spiegato che per quanto riguarda lo smaltimento delle acque nere e dei prodotti chimici è previsto un piano molto più dettagliato che dovrebbe assicurare tutte le garanzie in termini di sostenibilità ambientale.
C’è urgenza anche per sgombrare le acque del mare presso l’Isola del Giglio dell’intero relitto della nave.
A questo proposito il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli ha fatto presente: “È davvero assurdo che, nonostante la contaminazione del mare antistante l’Isola del Giglio sia in corso, si continui ad il progetto della Costa, i bandi e gli appalti che la società armatrice della Concordia dovrà ultimare per avviare le operazioni di rimozione: quest’iter procedurale non farà che allungare i tempi, nella migliore delle ipotesi. Si tratta di tempi lunghissimi che si sommano ai 7-10 mesi, in cui gli oli, la corrosione del relitto, i solventi e tutto quello che è presente sul relitto provocheranno un vero e proprio disastro.”
I materiali e le sostanze tossiche a bordo della nave
Il naufragio della Costa Concordia ha destato un vero e proprio allarme in vista di un possibile inquinamento ambientale determinato dal carburante contenuto all’interno dei serbatoi del relitto. Tuttavia fino ad ora non è stato tenuto in considerazione in maniera adeguata il fatto che a bordo della nave ci sono delle sostanze tossiche, le quali non possono non avere un impatto ambientale forte sulle acque del mare presso l’Isola del Giglio, teatro dell’incidente. Basti pensare all’inquinamento determinato dai detersivi a bordo.
Adesso la Protezione Civile ha deciso di diffondere l’elenco di tutte le sostanze tossiche e dei materiali presenti a bordo della nave, che per il momento non comprendono il cibo e le bevande, di cui sarà data informazione successivamente. Il tutto risponde ad una linea di trasparenza, che potrebbe servire anche raggiungere risultati apprezzabili in termini di sostenibilità ambientale.
È venuto fuori così che all’interno della Costa Concordia si trovano più di 1.000 metri cubi di acque grigie e nere, oli lubrificanti, acetilene, azoto, grassi per ingranaggi meccanici, smalti densi, smalti liquidi, mastice, insetticida e molto altro ancora.
Si tratta di materiali e sostanze che servivano per il funzionamento quotidiano della nave e per la vita a bordo di tutte le persone che essa trasportava. Adesso la sfida è ancora più dura, perché si ha la consapevolezza di come l’ecosistema marino può essere messo a rischio dall’impatto generato da queste sostanze.
Esserne consapevoli forse non cambia la situazione, ma di certo contribuisce a valutare in modo più preciso i possibili danni ambientali che il naufragio della Costa Concordia può comportare.
L’inquinamento da detersivi
Nelle acque dell’Isola del Giglio si sta facendo sempre di più strada l’allarme determinato dai detersivi e dai saponi che si trovavano a bordo della nave Concordia e che adesso si stanno sciogliendo nel mare. Nelle acque che sono state analizzate intorno al relitto della nave, verificando quattro punti di controllo, sono state riscontrate quantità enormi di detersivi. Tutto fa temere per il peggio in termini di contaminazione ambientale, in quanto di solito in queste acque la concentrazione di detersivi è pari a zero.
I test di analisi sono stati messi a punto dal battello Poseidon, il quale appartiene all’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana. In effetti il tutto è spiegabile considerando che a bordo della nave c’erano centinaia di chili di detersivi. Tutti i detersivi che non erano contenuti delle bottiglie sigillate si stanno scegliendo, ma si teme che il fenomeno possa diventare di dimensioni considerevoli.
Infatti la pressione riscontrabile sul fondo della nave potrebbe far esplodere anche i detersivi chiusi e a far aumentare in questo modo l’inquinamento ambientale.
L’inquinamento del mare riscontrabile presso le acque in cui giace il relitto della Costa Concordia è superiore a quello delle aree industriali che si affacciano sul mare, come per esempio Marghera a Venezia, Piombino a Livorno o Vado a Savona. La situazione è quindi molto pericolosa, perché si parla di una concentrazione di tensioattivi di 2-3 milligrammi per litro.
In ogni caso gli esperti rassicurano, perché hanno spiegato che i detersivi sono aggressivi velocemente, quando sono molto concentrati, però si può contare sul vantaggio che possono disperdersi in maniera altrettanto rapida.
Il recupero del carburante: ecco come avverrà
Il naufragio della Costa Concordia continua a tenere tutti con il fiato sospeso. Dopo l’avvistamento della macchia d’olio di 300 metri per 200 -al largo dell’Isola del Giglio– era subito scattato l’allarme e il presagio di un disastro ambientale. Ci ha pensato il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli, a rasserenare gli animi: non si tratta infatti di idrocarburi, bensì di oli alimentari, lubrificanti e detergenti. Le unità antinquinamento del Ministero dell’Ambiente, comunque, sono già in azione per circoscrivere e bonificare l’area.
Le operazione di svuotamento dei serbatoi della nave sono ancora ad una fase di preparazione: è stata infatti allestita una chiatta per fare da appoggio al recupero delle 2400 tonnellate di carburante della Costa Concordia per recuperare il carburante.
L’operazione sarà complessa e comunque non vedrà il via prima della giornata di sabato: se la settimana scorsa Corrado Clini aveva affermato che ciò non sarebbe stato possibile prima del termine della ricerca dei dispersi, le scarse probabilità di trovare qualcuno ancora in vita e il rischio di un impatto ambientale dirompente hanno fatto cambiare decisamente idea agli esperti.
Ogni giorno i sommozzatori collegheranno dei tubi a ogni cassa che contiene il carburante. Un tubo servirà ad immettere l’acqua, l’altro verrà utilizzato per aspirare gasolio. Tutto ciò serve a fare in modo che la nave rimanga stabile. Quando si avvieranno le effettive operazioni di recupero del carburante, il pompaggio sarà attivo 24 ore su 24 e riguarderà i sei cassoni che contengono la metà del carburante presente nei serbatoi. Non prima di sabato, comunque.
Per qualsiasi eventualità sono inoltre programmate delle panne gonfiabili e assorbenti attorno all’area di lavoro ed è stata predisposta una squadra pronta ad intervenire, a fronte di qualsiasi emergenza. Un dispiegamento di forze enormi, che comprendono navi della marina militare, navi gialle della Castalia, inviate al Ministero dell’Ambiente, mezzi della Capitaneria di Porto e dei vigili del fuoco. Clini sembra fiducioso possibilità di evitare un disastro ambientale e la distruzione dell’ecosistema marino, confidando anche nell’esperienza e nella competenza di Gabrielli.
L’ok al recupero del carburante
E’ stato deciso il via al recupero del carburante contenuto nei serbatoi della Costa Concordia. L’ok è stato dato dai comitati tecnico e scientifico, che sono stati organizzati per affrontare l’emergenza. Il tutto sarà portato avanti contemporaneamente alle ricerche dei dispersi. Si utilizzerà probabilmente un’altra nave, la quale andrà a posizionarsi accanto al relitto della Costa Concordia. Oggi pomeriggio dovrebbero essere messe in atto le prime operazioni, che nei giorni scorsi sono state tanto attese da tutti.
Il compito sarà affidato agli esperti della ditta Smit, i quali introdurranno del vapore nei serbatoi per riscaldare il carburante, che si è solidificato a cause delle basse temperature registrabili sott’acqua. La quantità di carburante con cui si ha a che fare è davvero enorme: circa 2.400 tonnellate.
Per il momento i dati individuati sulla tossicità delle acque non destano molte preoccupazioni, perché sono compatibili con quelli che di solito vengono registrati nelle aree portuali.
Eppure è necessario intervenire con urgenza, per scongiurare il disastro ambientale che si avrebbe se la nave affondasse del tutto. E in effetti la Costa Concordia continua con i suoi piccoli movimenti che destano preoccupazione.
Nicola Casagli, professore di geologia applicata all´Università di Firenze, a questo proposito ha fatto presente: “Stiamo cercando di capire perché avviene. Quando è buio la velocità è di un centimetro l´ora, di giorno di un millimetro, cioè dieci volte di meno. Aspettiamo che il fenomeno si ripeta per altre due notti per arrivare a una interpretazione di quanto sta avvenendo. Qualche idea ce la siamo già fatta ma è presto per dirla.”
L’appello del WWF
Il WWF, presente con una propria delegazione sull’Isola del Giglio, non sfodera mezzi termini e afferma che si tratta di mettere in atto una corsa contro il tempo, in modo da evitare il rischio ambientale, ormai piuttosto evidente. Secondo la nota associazione ambientalista è necessario quindi agire in compatibilità con le ricerche dei dispersi, per mettere in sicurezza il relitto della nave e per trasportare il carburante altrove. È una corsa contro possibili peggioramenti delle condizioni meteo, che rappresentano un pericolo da non sottovalutare. Una corsa ora che il passaggio delle navi vicino alla costa ha determinato una vera tragedia.
Il WWF a questo proposito ha spiegato: “C’è infatti un problema di rilascio di materiali inquinanti all’interno della nave, che in questo momento rappresenta un “contenitore” pericoloso: più a lungo resterà in mare, più alto sarà il rischio e l’entità dell’inquinamento.”
Inoltre il WWF chiede alle autorità governative di non sottovalutare la questione delle rotte, stabilendo non solo norme più rigide che vietino il passaggio delle navi vicino alle coste, ma impegnandosi, affinché siano definite con precisione le rotte da seguire, specialmente per il traffico commerciale pericoloso, come quello petrolchimico.
In questo modo si possono salvaguardare con cognizione di causa le aree marine protette e tutto il Mediterraneo.
Prefetto replica: “Nessun dato allarmante”
Il prefetto smentisce Gabrielli, il quale aveva affermato che, relativamente al caso della Costa Concordia, si può parlare di un già avvenuto inquinamento. In base ai dati scientifici che sono stati messi in evidenza, il prefetto sostiene che non ci sia nulla di animalo riguardo alla presenza di idrocarburi nelle acque del mare.
È stata mobilitata anche l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, che ha cominciato ad effettuare una serie di rilievi in relazione all’eventuale tossicità delle acque determinata da altre sostanze nocive. Si è scoperto in questo modo che non ci sono affatto delle condizioni critiche: gli unici elementi riscontrati, che dovrebbero essere oggetto di attenzione, sono quelli contenuti nei detersivi, come le sostanze clorurate.
Il monitoraggio è comunque costante ed è stato coinvolto anche l’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
La Protezione Civile: per Gabrielli una contaminazione ambientale
Sul naufragio della Costa Concordia è intervenuta la Protezione Civile, nella persona di Franco Gabrielli, nominato commissario delegato all’emergenza. Gabrielli, dopo la riunione del consiglio scientifico, ha dichiarato che ci troviamo già di fronte ad una contaminazione ambientale da non sottovalutare. Il capo della Protezione Civile ha spiegato che bisogna seguire contemporaneamente la ricerca dei dispersi e il piano per proteggere l’ambiente, in modo da evitare il disastro ambientale, velocizzando le operazioni da mettere in atto.
A proposito dell’inquinamento delle acque del mare, di cui si ha ormai cognizione, ha affermato: “Per quanto mi riguarda la contaminazione ambientale è già avvenuta, pensate soltanto ai solventi, agli oli da cucina, a tutto il materiale che si è già disperso in mare. Noi siamo qui per velocizzare tutte le operazioni in atto.”
È stato definito ed illustrato anche il piano per il recupero del carburante, ma Gabrielli ha fatto presente che nella nave sono presenti anche solventi, detersivi, olio e diverse altre sostanze che venivano utilizzate a bordo: elementi pericolosi per l’ambiente marino.
Per recuperare il petrolio contenuto in 13 casse sono state definite in modo particolareggiato le tecniche da portare avanti:“Con del vapore si fa uscire il petrolio poi raccolto con una manichetta e trasferito in una cisterna. Dal vapore si immette acqua nella cassa per mantenere stabile nave.”
Un piano stabilito nei minimi dettagli, che la Protezione Civile ha intenzione di applicare il prima possibile, per scongiurare un’emergenza ambientale ancora più grave di quella già esistente.
Il rischio marea nera per la Sardegna
Il naufragio della Costa Concordia genera molte preoccupazioni per l’ambiente, tanto più ora che si paventa il pericolo inabissamento per la nave. Un rischio che potrebbe costare caro in termini di sostenibilità ambientale. E a farne le spese sarebbe soprattutto la Sardegna, perché, a causa dell’andamento delle correnti, proprio la parte orientale dell’isola sarebbe soggetta alla marea nera, in seguito all’eventuale fuoriuscita del carburante dai serbatoi. A conferma di questa tesi anche i dati resi noti dai ricercatori impegnati nel progetto europeo “Argomarine”.
Gli studiosi hanno eseguito una vera e propria simulazione del possibile disastro ambientale e sono riusciti a dimostrare che, con lo sversamento del carburante nelle acque del mare, con i movimenti delle onde e con l’azione dei venti, il combustibile verrebbe portato alle spiagge, per poi essere riportato in mare, prima nelle acque dell’Isola del Giglio e della Toscana e infine si diffonderebbe verso la Corsica e la Sardegna.
A questo proposito il tutto viene confermato da Giovanni Ticca, esperto idrocliamatico del Servizio agrometeorologico regionale, il quale ha spiegato: “Un’ipotesi remota ma non impossibile. Una variante fondamentale sono i venti. Per quel che ho visto sulle carte, la nave è incagliata in una zona in parte protetta dal maestrale che sull’Isola del Giglio arriva attenuato dalla vicina Corsica, ma un’eventuale marea nera potrebbe scivolare verso la Sardegna.”
In ogni caso le misure di prevenzione sono state adottate: intorno alla Costa Concordia sono state disposte delle panne antinquinamento,con l’obiettivo di contenere un’eventuale fuoriuscita di carburante o di altre sostanze inquinanti.
L’attenzione non deve comunque mancare, in modo da evitare conseguenze drastiche in termini di impatto ambientale.
Una nave ecocompatibile
Il naufragio della Costa Concordia continua a far parlare di sé, anche perché la Costa Concordia può essere definita a tutti gli effetti una nave ecocompatibile. Infatti la nave possiede tutte le certificazioni che assicurano uno basso impatto ambientale. Il tutto si può dedurre da uno specifico documento, il Green Passport, pubblicato dal Registro dei Lloyds di Londra nel 2010. Sulla base di questa certificazione vengono elencati tutti i materiali pericolosi che possono essere imbarcati su una nave. Questi materiali riguardano sia il carico sia tutto ciò che è fondamentale per il funzionamento dell’imbarcazione.
Il documento deve essere elaborato a cura del costruttore della nave e si configura come una garanzia in relazione alle linee guida, che sono state predisposte per il riciclo dei materiali che derivano dalla demolizione di una nave.
Nel caso specifico della Costa Concordia la certificazione ricevuta è quella che è contraddistinta dalla voce “Green Star”, rilasciata dal Registro Italiano Navale.
Questa certificazione è importante perché dovrebbe prevedere la presenza di requisiti che sono volti ad evitare l’inquinamento atmosferico e l’inquinamento delle acque del mare. Il tutto obbedisce anche a delle specifiche convenzioni internazionali, che hanno l’obiettivo di considerare i rischi legati all’inquinamento ambientale prodotto dei traffici marittimi.
In particolare le navi che hanno la certificazione Green Star dovrebbero essere in grado di prevenire la produzione di gas che aumentano l’effetto serra e dovrebbero avere tutte quelle caratteristiche volte ad evitare l’inquinamento provocato dai rifiuti oleosi.
La certificazione in questione prevede anche la presenza di un sistema di trattamento dei liquami, la predisposizione di casse di ritenzione delle acque trattate, procedure di corretto smaltimento dei rifiuti solidi, dell’acqua di zavorra e l’utilizzo di pitture antivegetative che siano prive di stagno.
Inoltre a bordo della nave è presente un ufficiale che ha proprio il compito di verificare se tutte le procedure volte alla conservazione ambientale siano eseguite in maniera esatta.
La corsa contro il tempo
Mentre si assottigliano sempre più le speranze di ritrovare in vita qualche persona in vita nella Costa Concordia, naufragata di fronte all’isola del Giglio, si profila sempre più forte il rischio di un forte danno ambientale. Le prime chiazze si iniziano a vedere attorno all’imbarcazione, ma a chi profila il rischio di una nuova marea nera tricolore il ministro dell’Ambiente Corrado Clini chiede di essere più cauto. In una nave del genere –afferma il Ministro- sono presenti diversi liquidi e lo sversamento non è provato che riguardi i carburanti. Si sta lavorando, comunque, per salvare l’intero arcipelago toscano, anche se un danno per i fondali sembra già essersi.
Se le condizioni meteo continueranno a peggiorare, non sarà possibile riprendere le operazioni e non sarà possibile gestire l’emergenza ambientale. Il Ministro dell’Ambiente sottoporrà l’attenzione del prossimo consiglio dei ministri chiedendo lo stato di emergenza per velocizzare le pratiche. Ma è una corsa contro il tempo, una corsa affinché il nostro bel mare blu non diventi teatro di una disgrazia dal devastante impatto ambientale -oltre che umano-, per l’ambiente e tutto il territorio circostante.
Esiste già un danno ambientale
Clini ha spiegato che già si può riscontrare un danno ambientale nei fondali di fronte all’Isola del Giglio. Si tratta di un danno piuttosto contenuto, ma tutta la situazione è ancora da valutare. Le sue parole sono state: “Un danno ambientale è già stato provocato nei fondali di fronte all’Isola del Giglio; certo, un danno ancora molto contenuto, si tratterà poi di vedere a fine operazioni quale sarà la situazione.”
Il ministro dell’Ambiente adesso ha fiducia nel prossimo Consiglio dei Ministri, che dovrebbe dichiarare lo stato d’emergenza, in modo da semplificare tutte le procedure per intervenire nel minor tempo possibile.
Significativo è stato anche l’intervento del ministro dello Sviluppo e dei Trasporti Passera, che ha parlato di un evento tragico causato da errori umani molto gravi e dal non rispetto delle leggi. L’impegno del governo è quello di evitare che si ripetano eventi tragici di questo genere.
Il recupero del carburante: ecco i dettagli
Il ministro dell’Ambiente ha specificato come il recupero del carburante dai serbatoi della Costa Concordia prevede l’attuazione di procedure, che possono essere portate avanti soltanto dopo che si è verificato se esistono ancora possibilità di salvare dei passeggeri. Inoltre ha spiegato quale sarà il procedimento che sarà seguito per recuperare il combustibile.
A questo proposito Clini ha infatti illustrato: “Dovremo aggredire progressivamente i molti serbatoi della nave in maniera da aspirarne il contenuto progressivamente con molta prudenza per evitare la dispersione in mare, e con una tecnica che prevede il riscaldamento del carburante, perché altrimenti è troppo denso e non può essere aspirato.”
Il rischio ambientale è serio
Il rischio ambientale che la Costa Concordia potrebbe provocare è alto e si fa davvero serio con il passare del tempo. L’allarme si fa più pressante in seguito al peggioramento del tempo. È soprattutto l’alta marea che fa pensare che l’incubo del danno ambientale può essere più vicino. Tra l’altro la nave ha cominciato a muoversi e rischia di avvicinarsi ad una scarpata che porta ad una profondità compresa tra 50 e 90 metri. Se dovesse inabissarsi, sarebbe veramente la fine.
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha lanciato un allarme molto concitato proprio a causa delle condizioni meteo instabili. Clini ha infatti dichiarato: “La situazione è al limite perché la nave è in posizione instabile. È una cosa contro il tempo.”
Un rischio ambientale per tutto il Tirreno
Il ministro dell’Ambiente si dice molto preoccupato, visto che ha fatto notare che a bordo della Costa Concordia ci sono 2.280 metri cubi di combustibile e 42 metri cubi di lubrificante. In tutto si tratta di 2.400 tonnellate di materiale altamente inquinante, che potrebbe essere paragonato a quello contenuto in una petroliera di piccole dimensioni. Anche piccole perdite potrebbero essere fatali per l’ecosistema marino, in quanto queste sostanze sono altamente tossiche anche nel tempo.
Clini ha sottolineato che il rischio non sarebbe limitato soltanto ad un tratto di mare, ma ad essere contaminata potrebbe essere tutta la costa tirrenica. Un danno quindi che andrebbe ad interessare anche altre aree, oltre a quelle della Toscana e dell’Isola del Giglio, in base a quanto anche faranno le correnti marine.
Le operazioni per la rimozione del carburante
Nel corso del suo intervento presso la camera dei deputati, Clini ha dichiarato:
“La compagnia Costa ha consegnato martedì il piano di interventi per lo svuotamento dei serbatoi. Si tratta di un piano complesso, perché richiede un intervento su oltre 15 cisterne e un preriscaldamento del carburante depositato, perché si tratta di un materiale molto denso, e la bassa temperatura del mare comporta il rischio di una progressiva solidificazione. Le operazioni dovrebbero durare almeno due settimane.”
Clini ha insistito nuovamente sulle consuetudini sbagliate da parte dell’equipaggio delle navi, che portano a forme di turismo incompatibile con le ragioni dell’ambiente e che possono provocare un impatto ambientale non indifferente.
Da parte del governo c’è l’impegno nel mettere a punto una norma relativa alle rotte a rischio. Intanto si prevede che l’operazione per la rimozione del carburante dalla nave dovrebbe essere resa esecutiva entro la fine di questa settimana.
Il piano per la rimozione del carburante
La ditta Smit è pronta a cominciare il recupero del gasolio, purché appunto le condizioni meteo non mettano in pericolo la vita di altre persone. Il pericolo di un eventuale sversamento di gasolio si protrarrà, comunque, per tutta la durata delle operazione di svuotamento delle cisterne. Almeno due settimane, a sentire gli esperti, perché le tonnellate di carburante da recuperare sono 2400.
Per mettere a punto un programma volto alla rimozione della nave, invece, potrebbe occorrere anche più tempo. Il tutto comunque dipenderà anche dalle condizioni del tempo e del mare ma sicuramente si tratta di una delle operazioni più difficili che si siano mai effettuate e che richiederà anche parecchi mesi. Un danno ambientale, anche se ridotto, al momento già esiste: è quello dei fondali dell’isola del Giglio. Ad affermarlo è stato lo stesso Corrado Clini.
E’ stato altresì presentato il piano per togliere il combustibile dai serbatoi della nave, in modo da evitarne la dispersione nell’acqua del mare. Fino a questo momento si conoscono soltanto alcune indiscrezioni su questo piano.
È emerso che il tutto dovrà essere svolto in 28 giorni; si dovrebbe partire dalle 13 cisterne esterne e soltanto in una fase successiva si passerà a quelle interne. In modo particolare sarà applicata la tecnica cosiddetta del “tappo riscaldato“.
In sostanza si cercherà di portare alla giusta temperatura il combustibile che adesso, a causa delle temperature marine delle profondità, si presenta in uno stato troppo denso.
Intanto si aspetta il Consiglio dei Ministri di giovedì, che dichiarerà ufficialmente lo stato di emergenza e provvederà ad individuare un commissario straordinario per gestire al meglio la situazione.
La Smit è pronta a cominciare a recuperare il carburante
La ditta Smit è pronta ad incominciare a cimentarsi nel recupero del gasolio dai serbatoi della Costa Concordia. I lavori potrebbero arrivare a durare anche quattro settimane. Non è possibile prevedere quanto tempo ci vorrà: si pensa dalle due alle quattro settimane. I rappresentanti della Smit incontreranno le autorità marittime italiane e le compagnie assicurative, per stabilire quando iniziare l’operazione.
Tra l’altro Kees van Essen, il direttore delle operazioni, ha fatto sapere che il recupero del carburante può avvenire contemporaneamente alle ricerche che ancora sono in corso.
Non ci sono serbatoi rotti, ma il rischio ambientale che si corre comunque è piuttosto elevato, anche perché si teme che il relitto possa sprofondare nelle acque del mare, a 88 metri di profondità.
Gli esperti hanno affermato che ancora non si sa che fine farà la nave. Per il momento si pensa soltanto a trovare la tecnica giusta per rimuoverla, un’operazione piuttosto complicata, che potrebbe richiedere anche qualche mese.
Le dichiarazioni di Legambiente
Legambiente, intervenendo sulla situazione della Costa Concordia, ha fatto presente che la questione della protezione delle coste è fondamentale e auspica la messa a punto di nuove regole chiare e precise in tal senso.
Limitare il passaggio delle grandi navi vicino alle coste è essenziale per salvaguardare l’ecosistema, che, secondo Angelo Gentili di Legambiente Nazionale, potrebbe riportare danni gravissimi. Il punto d’arrivo dovrebbe essere un turismo sostenibile che possa veramente definirsi tale.
Da che cosa sono costituite le chiazze
Come già anticipato, la guarda Costiera conferma che chiazze comparse intorno alla Costa Concordia non sarebbero costituite da carburante vero e proprio, ma si tratterebbe di sostanze leggere ed evaporabili, le quali normalmente possono comparire intorno ad una nave di così grande stazza.
Le chiazze sarebbero quindi costituite da diesel o da acque reflue di sentina. Nessun allarme elevato da questo punto di vista, ma più che altro fa temere il fatto che la nave tende a spostarsi e questo non facilita le previsioni sui danni che ne potrebbero conseguire, in caso di sversamento del combustibile.
Non va dimenticato che l’olio combustibile utilizzato come propellente per le navi è molto denso e proprio per questo i danni per l’ecosistema marino potrebbero essere molto pesanti.
Il pericolo della rottura dei serbatoi
Il ministro Clini ha precisato che è molto alto il rischio che si abbia una rottura dei serbatoi della nave Costa Concordia. Tutto ciò potrebbe essere causato da uno spostamento del relitto sul fondale, provocato dalle correnti marine. Proprio per questo è necessario agire in maniera urgente per svuotare i serbatoi, prima che la nave rischi di spezzarsi. È pur vero comunque quest’operazione non può avere la priorità rispetto alla ricerca dei dispersi.
Ecco che cosa ha detto Clini nel suo intervento su Radio1 Rai: “Temiamo che la nave possa spezzarsi e con essa quindi anche i serbatoi, stiamo cercando di scongiurare questo rischio accelerando le operazioni di recupero del carburante dai serbatoi.”
Urgente un piano carburanti
Il ministro dell’Ambiente Clini ha affermato che la Costa Crociere dovrà presentare un piano di svuotamento dei serbatoi entro domani. Intanto Costa Crociere non ha fatto altro che scaricare Schettino. Gli accertamenti hanno dimostrato che le chiazze riscontrate ieri sera erano costituite da fluido oleoso, quindi non siamo ancora in presenza di un vero e proprio sversamento di carburante nelle acque del mare, ma è necessario agire tempestivamente.
D’altronde non bisogna dimenticare che nella zona interessata dal naufragio ci sono circa 700 specie di piante e di animali da salvare.
Le condizioni meteorologiche potrebbero essere determinanti. Se a causa delle mareggiate la nave dovesse spostarsi, allora la procedura di recupero dei carburanti sarebbe molto più complessa.
Nel corso della trasmissione televisiva “Mattino 5”, il ministro ha dichiarato: “Abbiamo chiesto alla compagnia di darci entro domani un piano di lavoro per svuotare i serbatoi ed entro 10 giorni un piano per la rimozione della nave.”
Ancora non si sa quale strategia verrà utilizzata. L’ipotesi che più prende credito è quella di tamponare la falla, far galleggiare la nave, in modo da portarla lontana dal luogo del disastro, per poi poter agire in maniera più sicura. Ma non si riesce ancora a capire se quest’operazione sia realizzabile a tutti gli effetti.
Le prime chiazze fanno scattare l’emergenza ambientale
Le chiazze sono state riscontrate dagli elicotteri che sorvolano la zone in cui è avvenuto il naufragio. Inizialmente si era parlato di combustibile leggero, senza che fosse implicata una fuoriuscita di carburante vero e proprio. C’è stato l’intervento dei mezzi antinquinamento del ministero dell’Ambiente per posizionare panni assorbenti e materiale di contenimento per 100 metri.
Il ministro Clini ha spiegato: “Iniziano alcuni trafilamenti di materiale liquido, non sappiamo se carburante o altro. I rilievi in corso serviranno per capire la natura di queste perdite, ma è già stata avviata la circoscrizione dello scafo per arginare questa perdita.”
In ogni caso Clini ha fatto sapere che ha intenzione di chiedere lo stato di emergenza e anche se la nave è sotto sequestro, la compagnia di navigazione ha il dovere di intervenire per eliminare tutti i possibili fattori di rischio. La Capitaneria di Porto intanto ha presentato una diffida nei confronti di Costa Crociere, in modo da ottenere un immediato programma per evitare l’inquinamento ambientale.
Emergenza ambientale per tutto l’Arcipelago Toscano
Il ministro Clini ha inoltre dichiarato: “Bisogna fare in fretta perché se cambiano le condizioni meteo-climatiche potremmo trovarci in una situazione diversa da quella di oggi con il rischio grave per la tenuta dello scafo. Lo ripeto, stiamo cercando di fare molto in fretta, tenendo conto che probabilmente ci sono ancora vite umane da salvare.”
Il flusso delle correnti sarà decisivo per stabilire l’impatto ambientale del recente disastro, e per questo non è una previsione che è possibile azzardare sin da ora. Il nostro patrimonio naturale-paesaggistico è in pericolo: a rischio è tutto il settore turistico e le risorse naturali che rendono così speciale il territorio.
Il ministro Clini ha sottolineato: “La nave ha i serbatoi pieni di carburante, è un gasolio denso, pesante, e potrebbe sedimentarsi nei fondali, sarebbe un disastro. Poi, potrebbe disperdersi in mare, contaminando e imbrattando una costa pregiatissima.” Inoltre ha affermato che la situazione è sottoposta ad un monitoraggio continuo, in modo che si possa intervenire, in caso di eventuali sversamenti di gasolio in mare. La Guardia Costiera e il reparto ambientale della Marina Militare sono allertati e pronti ad agire, in caso di necessità.
La protezione delle coste
Il ministro Clini punta essenzialmente sulla prevenzione, la quale non può non basarsi sul rispetto delle norme già esistenti ma che troppo spesso si tenta di aggirare. Inoltre l’intenzione, oltre quella di rafforzare le misure già vigenti, è quella di istituire un nuovo contributo per la protezione delle coste.
Ecco che cosa ha detto Clini sulla questione: “Un contributo di solidarietà sul petrolio movimentato in mare, 125 milioni di tonnellate l’anno, e sul traffico passeggeri: potrebbe sostenere un fondo per la protezione del mare e delle coste, da utilizzare per eventuali emergenze.”
Lo svuotamento dei serbatoi
Ad occuparsi del recupero della nave sarà l’impresa olandese Smit, i cui tecnici concentreranno le forze soprattutto, nella fase iniziale, sul carburante che si trova nei serbatoi della nave, per evitare un possibile disastro ambientale. Per completare tutta l’operazione ci vorranno circa due settimane.
I tecnici della Cambiaso & Risso, i rappresentanti in Italia della Smit, hanno spiegato: “Un macchinario altamente sofisticato, dietro indicazioni dei sommozzatori, praticherà un buco nel serbatoio, tagliando la lamiera senza produrre pericolose scintille ed aspirando subito il liquido oleoso sulle navi cisterna.”
Il recupero della nave
Il recupero della nave da crociera Costa Concordia sarà difficoltoso e impegnativo: i tecnici stanno studiando quale tecnica utilizzare. L’amministratore delegato pensava di sollevarla con dei palloni d’aria e quindi trainata verso riva.
I tecnici ipotizzano altresì di mettere la nave in posizione verticale, in modo da renderla in grado di galleggiare e in modo da poterla rimorchiare in cantiere. Una volta arrivata qui, la nave sarà smontata pezzo per pezzo. Non è certo un’impresa facile, visto che la nave ha una lunghezza d 293 metri e un peso di 114.500 tonnellate.
Nello specifico, per recuperare ciò che resta della nave, i tecnici pensano di piantare dei pali, in modo da avere una controspinta a partire dal lato inclinato. La nave sarà imbragata e sollevata, verrà chiusa la falla e verranno messe in azione le pompe per far fuoriuscire l’acqua accumulata.
Sotto la nave verranno ancorati dei serbatoi di grandi dimensioni, in modo da compensare il testo dell’acqua che non uscirà dalla nave. In ogni caso non è possibile prevedere se la Concordia sarà in grado di galleggiare.
Il possibile impatto ambientale
Una nota della Costa Crociere chiarisce a proposito dell’impatto ambientale: “In seguito all’incidente Costa Crociere è intervenuta immediatamente per impedire un potenziale impatto ambientale e sin dalla giornata di sabato si sta avvalendo della società leader al mondo nel settore, Smit & Salvage, con cui sta elaborando un piano di interventi; le azioni immediate a breve termine sono consistite nel realizzare una barriera di contenimento attorno allo scafo.”
Oltre al rischio legato al carburante, che può penetrare nella catena alimentare, c’è anche il pericolo legato ai danni per l’ambiente marino, a partire dal fatto che anche l’ombra di una nave così grande può influire sulla vita di specie che hanno bisogno di luce.
Nel concetto di sostenibilità ambientale rientra tutto ciò che ha a che fare anche con la balneazione, la pesca e il turismo. E se il relitto dovesse spostarsi in seguito alle forze delle onde del mare i danni potrebbero estendersi.
Tra l’altro il tutto andrebbe a colpire una zona, nella quale vivono specie come la Posidonia oceanica o la pinna nobilis, specie preziose e da proteggere. Pensiamo soltanto anche agli oggetti dei passeggeri della nave finiti in mare: anche telefonini, fotocamere e altri apparecchi elettronici possono essere nocivi.
L’intervento delle autorità
Il capo della protezione civile Franco Gabrielli ha rassicurato il governatore della Toscana Enrico Rossi che sul luogo della tragedia sono stati già inviati dei mezzi specializzati, in modo da tenere sotto controllo la situazione ed evitare rischi possibili determinati dalla fuoriuscita di gasolio nelle acque del mare.
Per lunedì è prevista a Livorno una visita di Clini e in quell’occasione la Regione discuterà con il ministro della questione del relitto.
L’intervento del ministro Clini
Il ministro Clini è intervenuto sulla tragedia del naufragio della nave Costa Concordia, Affermando che il rischio ambientale che si corre è serio, visto che uno sversamento di carburante potrebbe compromettere dei delicati equilibri naturali in una zona di mare, che costituisce anche un parco naturale molto importante. Clini ha sottolineato che il nostro Paese è pronto ad intervenire e si sta coordinando in questo senso con il ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera.
Clini ha colto l’occasione per dichiarare che il disastro deve essere assolutamente evitato e che in questo momento si sta cercando di lavorare senza risorse, in quanto la copertura economica manca a causa dei tagli della legge di stabilità del 2010. Il ministro ha fatto notare che il tutto potrebbe essere considerato da questo punto di vista come “un impegno di volontariato”.
Nelle acqua dell’Isola del Giglio sono stati mandati dei mezzi antinquinamento, per tenere sotto controllo la situazione.
Inoltre il ministro Clini ha dichiarato in tono deciso:
“Basta con la gestione di queste navi che vengono usate come se fossero dei vaporetti. Questo non è turismo sostenibile, ma turismo pericoloso. Dobbiamo intervenire rapidamente e con decisione per evitare che queste grandi navi arrivino vicino ad aree ambientalmente sensibili.”
Un piano per lo svuotamento delle cisterne
Greenpeace chiede che vanga messo a punto in maniera immediata un piano di svuotamento delle cisterne della Concordia, perché la possibile emergenza a cui ci troviamo di fronte richiede un intervento urgente. La nota associazione ambientalista fa notare che, oltre alle tonnellate di carburante contenute nella nave, il pericolo è rappresentato anche da altre sostanze, come i lubrificanti, le sostanze clorurate, le vernici e l’amianto.
Gli esponenti di Greenpeace hanno spiegato:
“Lo sversamento di solo tre/quattrocento tonnellate di carburante dal portacontainer RENA, in Nuova Zelanda ha ucciso circa 20mila uccelli marini e inquinato decine di chilometri di costa. L’emergenza ambientale che si profila nel caso della Costa Concordia è tristemente simile a quella che ha seguito l’affondamento, il 5 aprile 2007, della nave da crocera Sea Diamond a Santorini e ripropone la questione dei rischi causati dall’avvicinamento alla costa dei grandi traghetti.”
Si dovrebbe intervenire in maniera rapida, perché il tutto potrebbe essere complicato dal fatto che, a causa delle basse temperature, il carburante potrebbe arrivare quasi alla solidificazione, inoltre si deve tenere conto di possibili mareggiate, le quali potrebbero danneggiare la nave e determinare la dispersione del carburante nelle acque del mare.
Rischi per il Santuario dei Cetacei
Greenpeace ha colto l’occasione della tragedia che ha interessato la nave Concordia per denunciare che nell’area del Santuario dei Cetacei non esistono strumenti per fermare una nave che trasporti un carico pericoloso se le condizioni del tempo e del mare implicano la prudenza nella navigazione oppure per evitare che le navi da crociera si avvicinino troppo alla costa.
A questo proposito Greenpeace fa notare che i casi pericolosi si ripetono nel tempo. Ad esempio circa un mese fa, sempre nella stessa zona, il traghetto Eurocargo Venezia, a causa di una tempesta, ha perso 40 tonnellate di sostanze tossiche in mare. Episodi che mettono continuamente a rischio la sostenibilità ambientale.
I tecnici sono al lavoro per l’allibaggio
Gli esperti sono già al lavoro per cercare di risolvere la situazione, anche se bisogna comunque tenere in considerazione il fatto che, se i serbatoi vengono svuotati, ne risentirebbe anche la stabilità della nave. Nel frattempo continuano comunque le operazioni contro l’inquinamento, attuate da una nave d’altura e due barche costiere provenienti da Livorno e da Porto Torres, ed è in arrivo un’imbarcazione d’altura dal Golfo Aranci. L’obiettivo è quello di trasferire il combustibile dalla nave agli altri serbatoi (una procedura chiamata “allibaggio”).
In ogni caso è da considerare che, come ha spiegato il prefetto di Grosseto Giuseppe Linardi: “Se non si provvede si può rischiare il disastro ambientale”. Nessuno vorrebbe trovarsi ad affrontare una marea nera dalle conseguenze ingenti sul mare e sull’ambiente in generale.
Le opinioni di Legambiente
Anche Legambiente è intervenuta sull’argomento, mostrando preoccupazione per quanto successo relativamente al danno ambientale: “E’ importante che nelle prossime ore si provveda a mettere in sicurezza lo scafo e ad aspirare il carburante. Altrimenti l’isola del Giglio è condannata“. L’associazione ambientalista allo stesso tempo ricorda che in passato aveva parlato della pericolosità delle navi da crociera, “di aver già sollevato negli anni passati seri dubbi sulla presenza di grandi navi da crociera molto vicine alle coste, e di aver segnalato, insieme ad amministrazioni locali come quella di Campo nell’Elba, la necessità di allontanare le rotte delle grandi navi e di quelle con carichi pericolosi dalle isole dell’arcipelago toscano e soprattutto dai tratti di mare più a rischio o vicino alle aree protette“.
Le parole del geologo Tozzi
La stessa preoccupazione è stata sollevata dal geologo Mario Tozzi: “è importante verificare la resistenza dello scafo per poter aspirare il carburante. Altrimenti si provvederà a metterlo in sicurezza, credo nelle prossime ore”. In realtà, fa notare lo studioso, si è già verificato un danno: “la nave, nell’impatto con lo scoglio che ha in parte trascinato con sé, ha rovinato parte del fondale per un bel po’“.