La crisi climatica non accenna a diminuire. Tutti gli sforzi in senso scientifico, produttivo ed etico sono ben accetti per arginare un problema che nel futuro prossimo, ma anche presente, potrebbe creare delle emergenze di portata pari a guerre e pandemie. Uno studio portato avanti dall’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con l’Università della Calabria e con l’Università di Lund, in Svezia, ha approfondito il funzionamento di un particolare enzima che sarebbe in grado di pulire l’aria dagli inquinanti che provocano l’effetto serra.
In particolare la ricerca si è focalizzata sulle modalità in cui gli enzimi presenti nel suolo, in alcuni batteri, trasformano il monossido di carbonio in biossido di carbonio. Ovvero lo fanno diventare anidride carbonica. Il monossido di carbonio è un gas incolore, la cui tolleranza umana è piuttosto bassa. Al di sopra di una certa concentrazione nell’aria è altamente tossico, in alcuni casi anche mortale. Il monossido di carbonio è il gas responsabile dell’avvelenamento nel caso in cui ad esempio si respiri l’aria satura da un motore acceso in uno spazio chiuso.
La trasformazione del monossido di carbonio in anidride carbonica sembrerebbe non risolutiva. La CO2 è responsabile al 70% del surriscaldamento globale. Ma gli enzimi vengono in aiuto ancora una volta. Dopo aver mutato il monossido di carbonio in biossido di carbonio, i batteri consumano la CO2 prodotta, che di conseguenza non viene rilasciata nell’aria.
Il professor Claudio Greco, vicedirettore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra, e collaboratore nello studio, spiega le enormi potenzialità della ricerca: “L’atmosfera contiene, in piccole proporzioni, vari gas dovuti sia a fonti naturali che a emissioni antropiche, come ad esempio proprio il CO. Gli enzimi in grado di trasformare CO in CO2 sono presenti in diversi microrganismi del suolo e riescono a “consumare” circa il 15% del monossido di carbonio dell’atmosfera”.
“La scoperta di dettagli fondamentali del funzionamento di questi enzimi segna il passaggio verso la possibilità di progettare composti che funzionano nello stesso modo e che potrebbero essere impiegati sia in sensori di nuova generazione per la rilevazione del CO sia per la riduzione delle emissioni di questo gas in processi industriali”.
Il particolare enzima “pulitore”, presente nel suolo, è stato scoperto già da 20 anni, ma lo studio a cui il professor Greco ha collaborato è riuscito a comprendere il meccanismo alla base della trasformazione, in modo tale da poterlo eventualmente riprodurre. Si aprono le porte ad un nuovo campo di ricerca, che consentirebbe di mitigare le emissioni presenti nell’atmosfera. Sarebbe certamente più rassicurante non dover “pulire” nulla. Tuttavia la crisi energetica sembrerebbe comportare una deroga ai patti internazionali sulla riduzione delle emissioni. E come sempre accade la terra, in questo caso letteralmente, viene in soccorso alla sopravvivenza del genere umano.
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