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Crisi idrica: come l’Italia è arrivata all’emergenza

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Non ci si può nascondere dietro a un dito: l’Italia sta vivendo una crisi idrica. Ma la colpa non è solo dell’assenza di pioggia

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Crisi idrica – Pixabay – Ecoo.it

La siccità è un problema che si verifica quando c’è una carenza di acqua a causa della mancanza di precipitazioni o di un aumento del consumo di acqua. Questa può avere gravi conseguenze ambientali, sociali ed economiche. Questa situazione può causare una riduzione della produzione agricola, portando a carenza di cibo e aumento dei prezzi dei prodotti alimentari.

Ma anche una riduzione dell’acqua potabile, portando a problemi di salute pubblica e aumento dei costi per l’approvvigionamento di acqua. Senza dimenticare come può influire sull’habitat naturale degli animali, portando a problemi di sopravvivenza e aumento dei conflitti tra le specie. E infine, la siccità può ridurre la produzione di energia idroelettrica, portando a un aumento dei prezzi dell’energia e una maggiore dipendenza da fonti energetiche alternative.

La crisi idrica arriva in Parlamento

Campagna – Pixabay – Ecoo.it

Secondo il leader grillino Conte l’esecutivo non sta affrontando il problema siccità. Il verde Bonelli crede che le politiche ambientali dell’attuale governo siano le principali responsabili della situazione drammatica che ci aspetta tra qualche mese, quando sarà necessario razionare l’acqua. In aula, la Meloni ha ironicamente risposto, smentendo di avere il potere di spostare le acque dai letti dei fiumi, citando un passo biblico. Ma è innegabile che il sistema idrico italiano è inefficiente da molto tempo.

Crisi idrica, la colpa parte dagli ambientalisti

Rete idrica – Pixabay – Ecoo.it

Gli ambientalisti e i grillini hanno contribuito al fallimento del referendum del 2011, contro la privatizzazione dell’acqua pubblica, il cui slogan era “Acqua bene comune“. In realtà, la proposta avrebbe solo permesso ai gestori pubblici e privati più efficienti di partecipare a una gara per l’affidamento di una serie di servizi locali, tra cui l’approvvigionamento idrico. Ciò avrebbe creato un’opportunità per attrarre investimenti sulla rete fatiscente e migliorare le infrastrutture idriche, come tubature, fogne e acquedotti.

Il Movimento 5 Stelle guidò la campagna del “No”, con il famoso slogan “Giù le mani dall’acqua pubblica“. In questo modo, l’acqua pubblica è stata salvata dalle mani degli investitori privati ed è rimasta sotto il controllo dei gestori pubblici (o a maggioranza pubblica), che servono il 97% della popolazione italiana.

Quali sono i risultati di questo stato di cose? L’Istat ha fornito alcune statistiche sull’acqua che raccontano la situazione attuale. Ad esempio, circa 157 litri di acqua al giorno per abitante vengono persi durante la distribuzione, una quantità sufficiente per soddisfare le esigenze di 43 milioni di persone. Inoltre, le perdite rappresentano il 42,2% del totale, una percentuale doppia rispetto agli altri paesi europei. Quasi la metà dell’acqua pubblica viene persa.

La causa di questo problema è da attribuire alla vecchia e malconcia rete idrica, “all’età avanzata degli impianti, soprattutto in alcune zone del territorio, e a fattori amministrativi, come errori nella misurazione dei contatori e allacci abusivi“, come riportato dall’Istat. Tuttavia, questi impianti sono gestiti dallo Stato, attraverso le sue articolazioni comunali.

Il problema reale non è la pioggia, ma la rete idrica italiana. Le tubature sono in cattive condizioni: il 40% è stato installato negli ultimi 30 anni, un terzo tra 31 e 50 anni e il 25% ha addirittura più di 50 anni. Se continuiamo a questo ritmo, Utilitalia stima che ci vorrebbero 250 anni per rinnovare completamente la rete di acquedotti italiana. La mancanza di pioggia non aiuta, né gli attivisti grillini e ambientalisti del no.

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