Il cambiamento climatico sta provocando una grave crisi idrica in Uruguay, dove i data center di Google rischiano di togliere acqua alla popolazione.
Che la crisi climatica stia provocando gravi situazioni di emergenza in molte parti del mondo, ormai, non è più un segreto. In alcune aree, però, la situazione è più grave che altrove: ci basti pensare che più di 2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile, destinata all’uso personale ma anche a mantenere le condizioni igienico-sanitarie minime che assicurino una vita sana agli individui.
In Uruguay la crisi idrica si sta facendo particolarmente sentire: la diminuzione delle precipitazioni sta portando il Paese sull’orlo del collasso e la mancanza di infrastrutture e investimenti rende impossibile assicurare la distribuzione di acqua ai cittadini. A ciò si devono aggiungere gli accordi commerciali che l’Uruguay ha preso con il colosso della tecnologia Google nel 2021.
All’epoca il motore di ricerca ha acquistato 29 ettari di terreno nel Parque de las Ciencias, che sorge nel sud del Paese, allo scopo di installare i propri data center. Questi ultimi sono i luoghi fisici che ospitano l’enorme quantità di dati a cui gli utenti hanno accesso quotidianamente attraverso la rete e necessitano di copiose quantità di energia elettrica per funzionare, ma soprattutto di acqua per il raffreddamento.
Secondo i dati pubblicati da Daniel Pena, ricercatore dell’Universidad de la República, i data center berranno 7,6 milioni di litri di acqua al giorno, una quantità pari a quella del consumo umano in una città di medie dimensioni popolata da 55mila persone. E in un Paese in cui nella capitale Montevideo (dove vive il 60% della popolazione dell’Uruguay) l’acqua che esce dai rubinetti proviene direttamente dall’estuario del Rio della Plata, è salata, piena di cloro e imbevibile, questi dati risultano inaccettabili.
A rendere la crisi idrica ancora peggiore sono le coltivazioni intensive, che necessitano di enormi quantità d’acqua quotidianamente. Eppure la priorità dovrebbero essere i cittadini: “le risorse del Paese non devono essere concentrate nelle mani di pochi. L’acqua per il consumo umano deve venire prima del profitto“, ha infatti dichiarato Carmen Sosa del Comitato sindacale per la difesa dell’Acqua e della vita.
In seguito a lunghe battaglie contro Google e il ministero dell’Ambiente uruguayano, sembra che il colosso statunitense voglia ridurre le dimensioni del data center da costruire. Google ha infatti affermato di star rivedendo il progetto ma i dati ufficiali, per ora, rimangono quelli pubblicati da Daniel Pena e non lasciano di certo presagire bene.
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