Un boato lungo 19 secondi. Andiamo a rivivere insieme i terribili attimi che portarono al crollo della struttura sita in viale Giotto 120, nell’ormai lontano 1999.
Ci troviamo nella periferia Nord di Foggia. Il comune pugliese dorme sonni tranquilli in una fredda serata d’inverno. Tutto ad un tratto poi il boato, le grida, la disperazione. Sono le 3.12 dell’11 Novembre 1999 quando uno stabile di sei piani, situato in nel viale Giotto, al civico 120, collassa su sé stesso divorando le 71 persone che vivevano al suo interno.
Nessun sintomo di cedimento, nessuna avvisaglia. Il crollo avvenne all’improvviso e durò 19 secondi. Il fragore generato fu così forte che venne rilevato anche dai sismografi dell’istituto Specola Nigri. Sul posto giunsero subito i primi soccorsi e videro di fronte ai loro occhi uno spettacolo raccapricciante: un intero palazzo smembrato, adagiato al suolo, con al suo interno chissà quanti civili.
Le autorità competenti non poterono usare le scavatrici per cercare tra le macerie, visto che vi erano alcune possibilità che lì sotto ci fossero persone vive. Vennero però subito salvate 9 persone, ovvero coloro che abitavano ai piani più alti e che logicamente risiedevano nella parte superiore dello stabile collassato.
I Vigili del Fuoco, i volontari ed i cittadini di Foggia lavorarono duramente tutta la notte e tutto il giorno seguente per estrarre vive più persone possibili. Essi si servirono di cani da ricerca e di geofoni, ossia strumenti che rilevano le onde che si propagano nel terreno. Come se non bastasse, qualche ora dopo l’evento disastroso, scoppiò un incendio negli scantinati. L’ultimo sopravvissuto, fu estratto dalle macerie 15 ore dopo il cedimento e fu considerato una sorta di miracolato. Le stime finali parlarono di 67 vittime.
Si pensò inizialmente ad una fuga di gas. Questa prima ipotesi però fu scartata celermente. La causa definitiva però fu individuata nella scorretta opera di lavori di costruzione dello stabile e nella cattività qualità dei materiali usati. Per quanto riguarda i colpevoli però non ci fu pena da scontare: i costruttori della palazzina, Raffaele e Antonio Delli Carri, vivevano nell’attico all’ultimo piano della struttura e morirono conseguentemente al crollo. Il progettista invece, Mario Inglese, era defunto alcuni anni prima rispetto alla tragedia.
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