Tutti gli Stati sudamericani attraversati dalla immensa Foresta siglano un accordo per frenare la deforestazione dell’Amazzonia, ma ora servono azioni concrete.
Deforestazione dell’Amazzonia, è la volta buona per assistere finalmente ad un fronte comune contro il sistematico abbattimento di decine di centinaia di ettari ogni giorno? Quello che è il polmone verde del mondo è sottoposto da anni ad una opera di distruzione apportata dall’uomo, allo scopo di ricavare maggiore spazio per le coltivazioni e le costruzioni. Tutto questo avviene sia ad opera delle popolazioni locali che di imprese in molti casi legati dai governi del posto. Con questi soggetti mossi dall’interesse e dalla incuria per quelle che sono le conseguenze.
In Brasile, che è il Paese nel quale la Foresta Amazzonica si estende per la maggior parte dei suoi 6.700.000 km² di grandezza, il precedente governo di destra guidato dal sempre contestatissimo Jair Bolsonaro aveva mostrato una totale insensibilità verso questo argomento, non facendo nulla per contrastare la deforestazione dell’Amazzonia. Con l’attuale presidente Lula – che pure fece ben poco nel corso del suo primo mandato presidenziale dal 2003 al 2011, il Brasile ha firmato ora un documento di impegno congiunto con altri Stati del Sud America per fermare questo dannoso fenomeno ambientale.
Deforestazione dell’Amazzonia
Gli altri Stati sono la Bolivia, la Colombia, l’Ecuador, la Guyana, il Perù, il Suriname ed il Venezuela. Anche queste nazioni sono attraversate in parte dalla Foresta Amazzonica. L’ufficialità con tanto di firma in calce al documento che riassume tutte le decisioni prese ora da questi Stati a è avvenuto a margine del vertice dei Paesi dell’Organizzazione per il trattato di cooperazione amazzonica a Belem, in Brasile. Si tratta di una organizzazione risalente al 1995.
L’intero documento è costituito da 113 punti e dalla creazione di una vera e propria forza di polizia incaricata di controllare che non avvengano episodi di danneggiamenti a flora e fauna della Foresta. In un altro punto viene avallata la creazione di un Parlamento Amazzonico. Ed un’altra cosa importante è rappresentata dalla volontà di volere rispettare e sostenere le popolazioni autoctone che vivono a margine della Foresta Amazzonica. Questo è un punto importante perché, sulla carta, dovrebbe frenare l’usanza perpetrata dalle stesse, di distruggere ettari di foresta per creare nuovi spazi in cui stanziarsi.
Anche il resto del mondo deve impegnarsi
La protezione contro la deforestazione dell’Amazzonia richiede anche dei soldi, tanti soldi. Che Lula vorrebbe arrivassero anche dai Paesi industrializzati. E per quanto possa sembrare assurda questa richiesta, va detto che è del tutto legittima. Buona parte dell’ossigeno che va a confluire nell’aria che respiriamo arriva proprio dalla sterminata Amazzonia. Il presidente della repubblica brasiliana sostiene, non senza un certo fastidio, che cento miliardi di dollari sono stati promessi dai Paesi industrializzati allo scopo di mettere in pratica una politica di protezione della Foresta. Ma finora non si è visto un solo centesimo.
I dati ufficiali aggiornati ad oggi riferiscono di come, solamente nel 2022, siano spariti ben quattro milioni di ettari di Foresta Amazzonica. Si tratta di 40mila Km quadrati, per una superficie totale che corrisponde ai territori dell’Olanda o della Svizzera, tanto per dare un’idea. Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, ha pubblicato un messaggio sui propri canali social ufficiali nei quali sottolinea quanto sia importante impedire la deforestazione dell’Amazzonia anche in ottica di contrasto al riscaldamento globale e di tutela della biodiversità. Molti Paesi hanno fissato l’obiettivo di fermare la deforestazione entro il 2030.