Sono almeno 20 anni che le microplastiche si accumulano nei polmoni e nel grasso dei mammiferi acquatici. Uno studio tira le somme.
Continuano ad aumentare le scoperte scientifiche sulle conseguenze negative dell’inquinamento da plastica degli oceani. L’ultima ricerca arriva dalla Duke University. Lo studio del team di ricerca è apparso sulla rivista Enviromental Pollution, e ottobre prossimo verrà pubblicato l’intero report. Sono oltre 20 anni che i ricercatori conducono analisi ed esami sui mammiferi marini che sono stati prelevati dal mare perché cacciati o spiaggiati. L’intento era di cercare l’origine della metabolizzazione delle microplastiche. Balene, delfini, in quanto mammiferi a tutti gli effetti possono avere dei meccanismi simili a quelli dell’essere umano.
Il risultato sull’analisi di 32 animali tra il 2000 ed il 2021 è che sono tutti pieni di elementi plastici, presenti non slo nell’apparato digerente, come conseguenza dell’ingestione di oggetti inquinanti nel mare, ma anche nel grasso, nei tessuti e nei polmoni. Questo getta una luce inquietante sulle microplastiche, molto più difficili da identificare rispetto ad un comune rifiuto i plastica, ma non per questo meno dannose. Anzi. Si insinuano in maniera subdola nel corpo dell’animale da dove egli riesce ad espellerne probabilmente solo una parte, ed il resto viene metabolizzato ed entra a far parte a tutti gli effetti del corpo del mammifero acquatico.
La contaminazione da microplastiche delle balene
Le microplastiche ritrovate dalla biopsia sui tessuti dei cetacei, ha rivelato la loro grandezza, tra i 198 ed i 537 micron. Per dare un esempio della grandezza, si può fare la proporzione con un capello, il cui diametro sono 100 micron. Gli studi sono stati condotti nel ventennio tra il 2000 ed il 2021 in Alaska, California e Carolina del nord. I 32 esemplari di cetacei sono stati considerati di interesse scientifico, e recuperati dalle spiagge o dalla caccia alla balena, che purtroppo ancora oggi viene praticata.
Ciò che è stato trovato nel corpo delle balene e dei delfini, e anche di una foca, sono microplastiche principalmente composte da fibre di poliestere e polietilene. Il colore più diffuso è il blu. Si suppone che parte di esse venga espulso dal corpo del cetaceo attraverso la defecazione. Altra parte invece rimane nel corpo. La plastica si decompone in tempi molto più lunghi della vita di un animale. Uno studio del 2022 pubblicato su Nature ha stimato che una balenottera azzurra possa ingerire fino a 40 Kg di microplastiche al giorno. La sua alimentazione avviene ingerendo pesci filtrando l’acqua.
Come si frantuma la plastica
Le microplastiche sono tanto pericolose dato che sono molto piccole. È facile che si creino e che non vengano filtrate dai depuratori prima di arrivare nell’oceano. La maggior parte di esse viene prodotta dagli scarti delle lavatrici, che dopo i lavaggi, dai tessuti rilasciano le microplastiche. Questo può diventare un problema anche per l’alimentazione nostrana, che si nutre di pesci che a loro volta si nutrono di plastica micro.