Il fenomeno della desertificazione sta raggiungendo livelli sempre più preoccupanti in tutto il Mondo. Si potrebbe pensare che sia un problema limitato solo ad alcune zone dell’Africa e dell’Asia, ma non è affatto così. Le zone aride del Pianeta coprono circa il 46% delle terre emerse e sono abitate da circa 3 miliardi di persone. Il rischio di desertificazione è in aumento, l’Italia non fa eccezione, e molte zone si stanno trasformando in deserti a causa di questo fenomeno.
La causa primaria è da attribuire all‘intervento dell’uomo: la cattiva gestione del suolo e l’influenza antropica sul riscaldamento globale sono i motivi primari dell’inaridimento del Pianeta. La necessità di reagire è sempre più impellente.
La desertificazione è un processo ambientale, spesso causato dall’uomo, che porta alla degradazione del suolo, alla perdita della biosfera (sia animale che vegetale) e alla trasformazione dell’ambiente in deserto. Tale definizione è stata anche allargata dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione (UNCCD) che definisce la desertificazione come: “Il degrado del territorio nelle zone aride, semi aride e sub umide secche attribuibile a varie cause fra le quali variazioni climatiche e le attività umane“.
Secondo uno studio del 2018 della Commissione Europea, oltre il 75% del suolo globale è già in qualche misura degradato. Tale percentuale, già estremamente elevata, potrebbe arrivare al 90% entro il 2050. Ogni anno vanno incontro a degradazione 4,18 milioni di chilometri quadrati, pari a circa la metà della superficie dell’Unione europea, soprattutto in Asia e Africa. Da qui al 2050, circa 700 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare a causa della desertificazione e della scarsità di risorse legate al suolo.
La desertificazione è causata in primo luogo dall’attività umana. In particolare l’uomo contribuisce ogni giorno alla desertificazione sia con lo sfruttamento incondizionato ed intensivo del suolo che con l’emissione di gas serra. Quest’ultima causa l’aumento dell’effetto serra che, a sua volta, aumenta enormemente la desertificazione. Le conseguenze della desertificazione portano al degrado del suolo, alla scomparsa di numerose specie animali e vegetali e alla migrazione di milioni di persone costrette a cercare risorse altrove.
Come detto la causa principale della desertificazione è senza dubbio l’attività dell’uomo. Possiamo dividere le responsabilità dell’uomo in due grandi “famiglie”: l’incapacità di gestire il suolo in maniera sostenibile e i fattori legati al cambiamento climatico.
Per ciò che riguarda la gestione del suolo le pratiche che portano ad una pesante degradazione del suolo e, di conseguenza alla desertificazione, sono molte e spesso concatenate tra loro. Si parte dalla deforestazione che, oltre a contribuire al riscaldamento globale, ha effetti deleteri sul terreno. Abbattere una foresta porta ad alterare l’equilibrio tra gli elementi nutritivi del terreno, ad estirpare le radici che lo mantengono saldo e a renderlo più fragile.
Inoltre, poiché le piante regolano il ciclo dell’acqua, la deforestazione porta spesso ad un aumento della siccità. Quando si deforesta, molto spesso, il motivo è quello di fare spazio ai pascoli oppure alle coltivazioni intensive. Anche queste sfruttano le risorse del terreno fino ad esaurirle completamente, rendendolo arido e non più fertile.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico, la desertificazione può esserne considerata contemporaneamente causa e conseguenza. Si tratta di una conseguenza in quanto l’aumento di temperatura e la diminuzione delle piogge rende i terreni meno umidi e più aridi. D’altro canto, il suolo è un “serbatoio” di anidride carbonica che, in assenza di vegetazione, viene rilasciata in atmosfera aumentando il riscaldamento globale.
Le conseguenze principali della desertificazione consistono nell’esaurimento delle risorse del terreno con conseguente estinzione delle specie e migrazioni delle popolazioni. Altri effetti sono lo stress idrico, l’intensità dei periodi di siccità e l’aumento delle tempeste di sabbia. Al giorno d’oggi, ben 151 Paesi del Mondo sono colpiti da tempeste di sabbia con conseguenze molto gravi per l’agricoltura, i trasporti, l’economia, la qualità di aria e acqua, e anche per la salute.
Il rapporto dell’IPCC del 2019 rivela come il problema della desertificazione riguardi molte più zone di quelle che comunemente si pensa. Se infatti è vero che le zone più colpite sono l’Africa, l’Asia orientale ed il Medio Oriente, molte altre zone del Mondo si stanno aggiungendo alla lista. I cosiddetti hotspot, cioè territori che tra gli anni Ottanta e gli anni Duemila hanno assistito a un vistoso calo della produttività della vegetazione, sono infatti aumentati fino a coprire il 9,2% delle zone aride globali, coinvolgendo mezzo miliardo di persone nel 2015.
Tra gli Stati più vulnerabili c’è, ad esempio, la Spagna dove il rischio di desertificazione riguarda addirittura il 74% del territorio. Le zone più a rischio sono la comunità autonoma valenciana, la Murcia e le isole Canarie.
Il tema della desertificazione tocca da vicino anche l’Italia. Circa il 10% del territorio del nostro Paese è considerato “molto vulnerabile” e un altro 49,2% è “mediamente vulnerabile”. La situazione è delicata soprattutto in Sicilia (dove il rischio desertificazione riguarda addirittura il 42,9% del territorio), Molise (24,4%) e Basilicata (24,2%).
Essendo un fenomeno così diffuso, non esiste una “ricetta” unica per combattere la desertificazione. Naturalmente il primo passo è quello di combattere il cambiamento climatico in generale, seguendo le linee guida dettate dagli Accordi di Parigi del 2015. Così come per il riscaldamento globale, si parla del tentativo di raggiungimento della “carbon neutralty”, nel caso della desertificazione si punta alla “neutralità del degrado del suolo” (Ldn). Questo concetto è stato coniato dalla UNCCD intendendo: “Uno stato in cui la quantità e la qualità delle risorse territoriali rimangono stabili o aumentano entro determinate scale temporali e territoriali”.
I progetti per combattere la desertificazione sono diversi e, in molti casi, partono dall’esigenza di promuovere un’agricoltura sostenibile e “amica del suolo”. Tuttavia, poiché il fenomeno è spesso diffuso in aree molto povere, ciò richiede investimenti e progetti che mirino a contrastare la povertà e a diminuire le disuguaglianze.
Uno dei progetti più grandi e importanti contro la desertificazione è quello della Grande muraglia verde, promosso nel 2007 dall’Unione africana. Si tratta di un corridoio di alberi che partirà dal Senegal e arriverà fino al Corno d’Africa, per una lunghezza totale di circa 7.800 chilometri e una larghezza di 15. Se tutto procederà secondo i piani, nel 2030 riuscirà a catturare 250 milioni di tonnellate di CO2 dall’atmosfera. Inoltre creerà 10 milioni di posti di lavoro e limiterà l’avanzamento del deserto del Sahara.
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