Il ritorno della peste suina sta mettendo in ginocchio tantissimi allevamenti, molti sono a rischio chiusura: quasi 40 mila suini già abbattuti.
Continuano a susseguirsi i casi di peste suina all’interno degli allevamenti, e i casi di positività si diffondono su tutto il territorio. In Lombardia sono già stati abbattuti oltre 33 mila suini. Si contano otto focolai, più altri otto allevamenti correlati ai focolai, e in più, sono stati abbattuti altri 13 mila maiali in forma preventiva. Inoltre, nelle Regione Lombardia, ci sono altri 27 mila cinghiali da abbattere entro la fine dell’anno.
Tra l’altro, è stato concepito un piano a lungo termine, fino al 2028, per l’abbattimento di 620 mila cinghiali. La peste suina è un’infezione virale che colpisce solo suini e cinghiali e non è trasmissibile all’uomo, perciò non costituisce un allarme per la salute umana.
Questo virus è altamente contagioso tra i suini, i quali possono essere infettati in breve tempo. Nella totalità dei casi risulta mortale, determinando grosse perdite economiche e produttive per gli allevatori.
La cosa che bisogna sapere è che non esistono vaccini per prevenire la peste suina africana, e non ci sono cure per contenere l’infezione. Il virus della PSA appartiene alla famiglia Asfaviridae.
Si tratta di un agente virale caratterizzato da elevate resistenza all’ambiente, una volta diffuso, resta nelle carcasse o nelle secrezioni degli animali per lungo tempo, anche se la carne dovesse essere congelata e lavorata.
Come per molti virus, una cottura oltre i 70 gradi lo rende inattivo. Il virus si trasmette per contatto diretto tra animali, oppure attraverso il contatto con materiale contaminato. Come accennato, la peste suina non è trasmissibile all’uomo, nemmeno tramite contatto diretto. In tutta la UE le restrizioni degli allevamenti a seguito della diffusione del virus sono molto severe.
Si prevedono, in caso di focolai o di sospetto focolaio, controlli sanitari molto rigidi, che prevedono l’abbattimento dell’esemplare infetto e l’eliminazione di tutti i suoi sottoprodotti destinati all’alimentazione.
La malattia comporta un grosso peso economico su tutto il settore dell’allevamento. Nel 99% dei casi, a diffondere involontariamente il virus negli allevamenti è proprio l’uomo, magari attraverso abiti contaminati.
Non potrebbe esserci contatto tra animali tenuti all’interno degli allevamenti con altri selvatici, perciò l’uomo è il responsabile della diffusione. Una volta infettato, il suino muore dopo una sofferenza di alcuni giorni. L’animale non ha possibilità di salvezza. In una popolazione infetta negli allevamenti, oltre l’80% degli esemplari muore.
Una mortalità così alta ha un impatto anche sulla biodiversità, facendo rischiare l’estinzione della specie e, di conseguenza, dei loro predatori naturali.
La diffusione della peste suina africana avviene soprattutto per colpa dell’uomo, visto che, nonostante gli avvertimenti nelle aree sospette, si è deciso comunque di aprire la stagione venatoria nelle aree più a rischio.
I cacciatori, venendo a contatto con i cinghiali, hanno poi diffuso il virus negli allevamenti. In Pianura Padana la situazione è drammatica, qui c’è un’alta concentrazione di allevamenti suinicoli.
Secondo le normative europee, se un allevamento è infetto, bisogna controllare la zona fino a un raggio di 7 km, entro i quali occorre abbattere tutti i maiali presenti come forma preventiva. Per questo motivo, è importante costruire allevamenti distanziati l’uno dall’altro. Il virus viene trasportato dai mangimi, dai camion, dai materiali da lavoro, dai vestiti, dai materiali di scarto.
Insomma, la PSA si diffonde facilmente ed è impossibile fermarla. La misura che l’Italia ha deciso di adottare per eradicare il virus è l’abbattimento di massa. Secondo il piano proposto, si tenterà di uccidere oltre 600 mila cinghiali nei prossimi anni. Il problema, come rivelano gli esperti, è che abbattere così tanti animali non significa eliminare il virus, poiché basta un solo esemplare per la sua diffusione.
Se si abbatte il 50% della popolazione totale di cinghiali, e il virus continua a circolare comunque nell’altro 50%, si tratta di un’operazione inutile, così come è accaduto in Polonia. Tra l’altro, abbattendo metà della popolazione dei cinghiali, si crea un grosso danno alla fauna selvatica, sottraendo cibo ai loro predatori.
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