Un nuovo disastro ambientale si profila all’orizzonte, per chiudere al meglio questo 2011: 40mila sarebbero i barili di oro nero sversati al largo della Nigeria lo scorso 20 dicembre, barili di petrolio che ormai starebbero per arrivare lungo le coste africane. Un incidente all’impianto della Shell -avvenuto durante le operazioni di trasferimento in una petroliera- sarebbe alla base della catastrofe. Nel passaggio dall’impianto di raffinazione del greggio alla petroliera, infatti, un intoppo avrebbe interrotto il flusso del petrolio, finito così inesorabilmente nel mare blu.
Anche in questo caso -come in tutti gli altri casi di marea nera di cui, purtroppo, vi abbiamo scritto- le compagnie petrolifere minimizzano, mentre le associazioni per l’ambiente e la popolazione lanciano grida dall’allarme nei confronti di un inquinamento ambientale che potrebbe portare gravissimi danni per la vita degli animali, per lo stato di salute della popolazione, per flora e fauna che popolano l’intero ecosistema.
La Shell, infatti, dice che lo sversamento di petrolio in mare è terminato, che la produzione di petrolio si è interrotta e che quindi l’emergenza risulta rientrata. L’esperienza con la BP, però, ci insegna a non fidarci, e lo insegna anche agli abitanti del luogo. I pescatori e tutte le popolazioni che vivono lungo le coste sono stati allertati: la zona non è sicura, e lo dimostrano anche immagini dal satellite che dimostrano come l’oro nero di estenda per oltre 900 chilometri quadrati. L’impatto ambientale che potrebbe avere questa nuova marea nera potrebbe essere altrettanto devastante, come se il passato non ci avesse insegnato davvero nulla.
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