È una storia macabra, di cui si sente parlare pochissimo: il disastro del Gleno accadde nel 1923 e nel Dicembre di quest’anno si celebrerà il centenario. Andando indietro nel tempo, ripercorriamo insieme quegli istanti di paura e morte.
Siamo in Lombardia, più precisamente tra la Val Camonica e la Valle di Scalve. Non oggi, non ieri ma ben 100 anni fa. In quel luogo era da poco stata inaugurata una nuova struttura che aveva dimensioni colossali: la diga del Gleno. L’impianto fu realizzato tra il 1916 ed il 1923 con l’obiettivo di sbarrare la strada al torrente Gleno e di contenere più di sei milioni di metri cubi d’acqua. Era lunga circa 260 metri e si trovava ad un’altezza complessiva di 1500 metri.
Agli inizi del 1923 ci fu la vera e propria inaugurazione. Il momento di gioia per i costruttori (ma anche per gli abitanti dei paesi sottostanti) durò pochissimo. Il 22 Ottobre dello stesso anno, a causa di violentissime precipitazioni, il bacino si riempì completamente per la prima volta. Se nei primi momenti tutto sembrava andare per il verso giusto, già da Novembre iniziarono i primi problemi.
A Novembre si verificarono numerose perdite di acqua soprattutto nelle zone sottostanti alle arcate centrali. I costruttori cercano sin da subito di rattoppare le parti in cui si manifestarono questi dissesti. Ciò però non bastò: il 1° Dicembre 1923 alle ore 7:15, la diga cedette. Sei milioni di metri cubi d’acqua conditi con fango e detriti precipitarono al di sotto portandosi con sé 356 morti, anche se tali dati non sono mai stati confermati.
Il primo borgo ad essere colpito fu quello di Boeggio. La gigantesca massa d’acqua distrusse poi i paesini di Povo e Valbona. Infine fu la volta di Angolo, Dezzo, Boario e Azzone. Dopo quarantacinque minuti rispetto il crollo della diga, l’acqua terminò di defluire. La massa invece scesa a valle finì per confluire all’interno del lago di Iseo.
L’ingegner professore Gaetano Ganassini ed il suo collega Arturo Danusso furono incaricati di definire la perizia tecnica riguardo il disastro. Essi scoprirono che la causa fondamentale del crollo della diga fu l’insufficienza statica della muratura di appoggio della parte centrale della diga. Secondo alcuni abitanti dei luoghi colpiti, il disastro era prevedibile: gli addetti ai lavori infatti confermavano che i materiali usati per la costruzione erano di scadente qualità. Quest’ultimi nonostante le possibilità, non dormivano a Dezzo, borgo appena sottostante la diga.
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