Ad oggi è un avvenimento un po’ dimenticato ma all’epoca fece grande scalpore: ecco cosa accadde il 13 Marzo 1987 alla motonave “Elisabetta Montanari”.
Se ancora oggi dobbiamo lottare contro una sicurezza sul lavoro non consona con i diritti dell’uomo, figuriamoci le condizioni dei mestieranti di quarant’anni fa. Fu proprio questa la problematica che tramutò un classico giorno di lavoro in una tragedia dove numerosi operai persero la loro vita.
Stiamo parlando del disastro della motonave “Elisabetta Montanari” avvenuta presso la zona portuale di Ravenna, il 13 Marzo 1987. Il mezzo era una nave cisterna norvegese usata per il trasporto di gas GPL. In quei giorni era arenata presso la città romagnola poiché doveva essere sottoposta ad operazioni di manutenzione. Qualcosa però non funzionò correttamente trasformando la motonave in un piccolo inferno.
Sono le 9:05 di una mattina simil-primaverile. Gli addetti ai lavori sono tutti all’opera per effettuare manutenzioni alla nave. Una squadra di operatori però effettua un errore madornale: saldando la cisterna attraverso l’ausilio di una fiamma ossidrica, si innesca un incendio di dimensioni abbastanza vaste. Si tentò da subito di spegnere le fiamme attraverso gli estintori ma quest’ultimi erano in un numero troppo esiguo per raggiungere lo scopo.
L’incendio rese impossibile ogni via di fuga sbarrando le uscite. Tutti i picchettini (così venivano chiamati in gergo), ovvero gli operatori destinati alla pulizia della stiva, rimasero intrappolati in questo inferno. La loro dipartita terrena avvenne per soffocamento. Le postume autopsie infatti evidenziarono edemi polmonari causati dall’inspirazione di acido cianidrico ed altri gas provocati dalle fiamme. La loro morte succedette solamente ad un lungo tempo di agonia.
Il disastro provocò il decesso di ben 13 operai, alcuni dei quali assunti in nero. Nell’immediato seguito, si venne a scoprire che la Mecnavi, azienda titolare della motonave, invece di aiutare i vigili del fuoco e velocizzare i tentativi di salvataggio, era intenta a recuperare i libretti di lavoro del personale irregolare per farli svanire nel nulla. Le indagini compiute ed il successivo processo indicarono il proprietario della Mecnavi come colpevole l’allora titolare dell’azienda, ovvero Enzo Arienti. Inizialmente la condanna prevista era di 7 anni e mezzo ma nel 1994, la pena fu ridotta a 4 anni.
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